Il suo “padrone” lo aveva comprato per cacciare cinghiali, ma Pippo si è ribellato. Maltrattato e pieno di pallini di piombo in corpo, a solo un anno e mezzo gli restano pochi anni di vita. Preso in custodia dall’ENPA, vive ciò che gli resta con grande felicità
Pochi secondi e sarebbe stato ucciso, lo avevano legato a un albero, per sparargli. Un ragazzo che abitava di fronte a lui e gli portava ogni giorno da mangiare, mi ha telefonato e mi ha detto di quello che stava per succedere. Gli ho risposto, vai a prenderlo e portiamolo via”.
Questa è la storia di Pippo, un segugio maremmano che in un anno e mezzo di vita non ha fatto altro che sbagliare. O meglio, sbagliare secondo il suo “padrone”, perché Pippo in teoria è nato per cacciare ma in pratica non ha mai cacciato. Il segugio maremmano, infatti, è definito “cane da cinghiale”, venduto e comprato per trovare e uccidere cinghiali.
Ma Pippo è un fuori serie. Un ribelle, un pacifista. Un cane incapace di fare del male, che non ucciderebbe nemmeno una mosca. E per questo, secondo il suo “padrone”, andava soppresso.
“L’ho portato a Gaeta (una città del Sud Pontino nella provincia di Latina, ndr), lì c’era la volontaria Serena Fucà che lo avrebbe tenuto in stallo – racconta la dottoressa Luisa Abbate, presidente sezione ENPA Latina litorale e isole Ponziane – ma non c’è stato verso di calmarlo, era irrequieto, si sentiva smarrito. Ci siamo accorte che da me stava più sereno, così l’ENPA lo ha preso in custodia.
“Dopo una settimana l’ho portato in clinica veterinaria FormiaVet per visitarlo e castrarlo, affinché potesse essere adottato. Ma da una radiografia di controllo è venuto fuori che aveva decine di pallini di piombo sotto la pelle. È chiaro che il padrone, preso dall’ira per la sua incapacità di cacciare, gli sparava addosso. Tutto questo e la frattura sulla testa del femore, da maltrattamenti e bastonate, fanno di lui un cane che ha bisogno di continue cure. Soprattutto di un amore incondizionato, pronto al fatto che Pippo non ha grandi prospettive di vita. Quel piombo lo distrugge lentamente, ogni giorno che passa. E non si può fare niente per salvarlo”.
Esistono vari tipi di caccia: di gestione, praticata per risolvere problemi di convivenza tra persone e animali selvatici in un determinato territorio; in deroga, praticata su alcune specie protette di uccelli anche illegalmente; di selezione, nei confronti degli ungulati come daini, cinghiali, cervi e caprioli; bracconieri, vale a dire persone che praticano la caccia in violazione della normativa nazionale; infine ci sono i ripopolamenti, cioè di animali acquistati e immessi sul territorio esclusivamente per venire cacciati.
Ma il punto non sono solo gli animali uccisi. Il punto è accorgersi anche di quelli che vengono smerciati, usati e maltrattati per farlo. In Italia ci sono circa 48 specie cacciabili. Ogni cacciatore ha la possibilità di cacciare un numero massimo di animali al giorno e a stagione.
“Basandoci sul numero di cacciatori – si legge da un’indagine di LAV – che in Italia sono circa 500.000, e sui carnieri (il registro del numero di animali uccisi durante una battuta di caccia) delle Regioni Veneto, Lombardia, Sicilia e Toscana, abbiamo elaborato una stima: ogni anno possono venire uccisi legalmente 400 milioni di animali, più di 4 milioni per ogni giornata venatoria, 400.000 per ogni ora, 116 al secondo”. Senza considerare il dato sommerso dei bracconieri.
Come cambiare le cose?
“Le razze sono selezionate e create da noi esseri umani, non esiste la razza perfetta – risponde la dottoressa Abbate – bisognerebbe cambiare la mentalità dei cacciatori. Cosa impossibile e che io non comprenderò mai. Ma il cacciatore che uccide, spesso per il solo piacere di uccidere, è un problema a valle. A monte c’è la mente umana, che prova e riprova a indirizzare, gestire, comandare, progettare, creare senza comprendere che non è il Creatore. Come per il covid: ci convinciamo di essere perfetti e resistenti a tutto, che nulla sfugge al nostro controllo. E poi? Alla fine il pianeta fa il suo percorso”.
Ecco perché la cosa più bella è Pippo. Che si è ribellato a quella che doveva essere la sua natura. Che ha dimostrato che non si nasce progettati, perché nessun essere vivente è costretto a voler vivere nel modo che gli è stato insegnato. Sì, è vero, forse a quel corpicino restano pochi anni. Ma Pippo non lo sa e finalmente si gode la vita. Lo vedi scodinzolare, essere felice, forse per la prima volta, e ti si spezza il cuore. E ti si riempie, ti fa sentire grato di ogni istante, e libero di essere chi vuoi essere e chi sei nel profondo. Perché lui non sa niente, è ignaro di cosa gli accade. Questa è la più grande forza dell’amore: amare incondizionatamente, qui e ora.
Pippo ama tutti. Ama la sua dottoressa Luisa, le altre volontarie, ama gli animali e le piante. Ama chi si avvicina a lui mentre passeggia, o corre sulla spiaggia, ama le patatine che di nascosto ruba dal tavolo mentre facciamo un aperitivo. Pippo è un cane speciale. Non basterebbero tutti gli anni del mondo a ricompensare il suo amore. A spiegare quanto mi ha insegnato con la sua storia, fatta di grande coraggio per essere se stesso contro tutto e tutti. E la vita lo ha ricompensato.
7 Maggio 2021
(Fonte Desert Miraje™)
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