Clima e ambiente sono in cima a qualunque agenda politica mondiale, vuoi per convinzione, vuoi per non sembrare fuori tempo e fuori argomento. Tutti parlano come Greta anche se vanno a carbone. Ma non c’è leader, non c’è partito che si conceda il lusso di mettere a fuoco quella gigantesca questione rimossa che è l’escalation demografica. Homo sapiens sfiora gli otto miliardi di viventi. Eravamo un miliardo due secoli fa, due miliardi un secolo fa, quattro miliardi mezzo secolo fa, negli ultimi cinquant’anni abbiamo raddoppiato i ranghi. Le Nazioni Unite stimano il traguardo dei dieci miliardi entro il 2080: significa che la crescita non è più esponenziale; è comunque costante e impetuosa.
Essendo ovvio che il nostro numero, seppure molte varianti (tecnologia, economia, politica) possano mitigarne l’impatto sull’ecosistema, è una componente decisiva del problema, è lecito domandarsi come mai di questione demografica non si parli più. Incombe, ma è sfocata. Pesa, ma non è misurata. Erano noti, nel passato, gli ostracismi soprattutto religiosi nei confronti della contraccezione e di qualunque forma di denatalità. Ma oggi? Oggi che molti tabù sono caduti o in bilico, almeno nel mondo occidentale, perché non compare mai, nell’elenco delle questioni importanti, anche il nostro esorbitante numero?
È impopolare dirlo, che siamo in troppi? È antipatico, perché incrina tutto il mieloso marketing dell’ottimismo, che si regge sull’idea che a tutto e a tutti provvederanno tecnologia e mercato? Comunque la si pensi, è una questione, quella della superfetazione di noi sapiens, che messa fuori dalla porta rientrerà dalla finestra.
di Michele Serra
26 Settembre
(Fonte Repubblica | L’Amaca)