Lunga 2.900 chilometri, è fatta di montagne e valli, coni di origine vulcanica, canyon e poi altre vette. Tutti sommersi dall’acqua. Dall’Isola di Pasqua fino a Paracas, 300 a sud di Lima. Si chiama la Dorsale di Nazca ed è un tesoro di biodiversità che il Perù vuole proteggere.
C’erano notizie sulla sua esistenza. Si sapeva che laggiù, in fondo al mare, negli abissi più scuri del Pacifico meridionale, si stagliava il solito paesaggio lunare. La continuazione del profilo che appariva sulla terra, con la pianura e poi le colline che culminavano con le Ande, i loro picchi, per poi scendere di nuovo con l’immensa giungla che si estendeva a perdita d’occhio. Si immaginava ma non si aveva certezza. Fino al 22 marzo scorso. Il comandante della Carasco, una nave oceanografica della Marina peruviana, sente gridare dalla sala radar: “Eccola, ecco la cordigliera!”. Sugli schermi in 3D appariva il profilo del sottosuolo marino. Scendeva fino a 3 mila metri e poi risaliva a 1800. Riproduceva esattamente lo stesso che si vedeva in superficie, sulla costa e verso l’infinito. Poteva essere normale: l’acqua dell’Oceano interrompeva solo quello che si vedeva in superficie, sul suolo del Pianeta. Ma era qualcosa di più: quegli uomini avevano confermato l’esistenza di una dorsale lunga 2.900 chilometri, fatta di montagne e valli, coni di origine vulcanica, canyon e poi altre vette con altri affossamenti. Tutti sommersi dall’acqua. Si estendevano dall’Isola di Pasqua, 3500 chilometri dalla costa cilena, fino a Paracas, 300 a sud di Lima. Si chiama la Dorsale di Nazca, dal nome della civiltà preincaica che visse quell’area tra il I e il IV secolo; la stessa delle più famose linee, solchi tracciati per terra per disegnare animali e simboli che molti attribuiscono a riti religiosi ma altri a segnali per creature aliene e aiutarle ad atterrare.
La dorsale apre un mondo tutto nuovo. Le sue valli e i suoi anfratti possono nascondere milioni di batteri che arrivano dalla superficie essenziali alla catena alimentare delle creature degli abissi. Ma si stima che siano abitati da almeno 1.116 specie di fauna marina gran parte delle quali sono ancora da studiare e definire.
Il resto è un tesoro segreto di pesci, molluschi, invertebrati di cui si cibano almeno 14 tipi di cetacei individuati: balene, orche, delfini, differenti tipi di rettili tra cui rare tartarughe dalla testa gigante. “Non sappiamo cosa ci sia a quelle profondità”, spiega al Pais che a questa scoperta dedica un ampio servizio nella sua sezione Planeta, Héctor Soldi, ex direttore dell’Istituto del Mare del Perù (IMARPE). “Ma crediamo che lì ci possa essere l’origine della vita”.
La sua esistenza è così importante da spingere il Cile a creare vicino all’Isola di Pasqua, dove la cordigliera sale velocemente in superficie, un’area protetta di 150 mila km quadrati. Si chiama Parco Marino Motu Motiro Hiva o PM Sala e Gómez. Il Perú, sul lato opposto, vicino alla costa del suo territorio, farà altrettanto: creerà la Riserva Nazionale della Dorsale Nazca, la prima protetta dalla Marina militare. Qui sarà ovviamente vietato pescare e si potrà solo scoprire nuove forme di sviluppo sostenibile.
Avrà una superficie di 63.400 km quadrati, sotto e sopra le montagne sottomarine. Questo consentirà al paese andino di portare da 0,48 a 7,6 per cento la porzione del suo territorio protetto. Ancora poco, se si considerano quelli brasiliani (26,6) e quelli cileni (42 ). Ma si avvicineranno all’obiettivo del 10% fissato nell’ultimo Convegno sulla Diversità Biologica tenuto l’anno scorso.
Secondo i primi rilievi effettuati dalla sua scoperta, la Dorsale di Nazca sorge all’estremo nord est della Cordigliera di Salas, Gómez e Nazca. Ha un’età di 45 milioni di anni e le sue vette oscillano dai 1.500 fino a 4.000 metri di profondità. Conosciamo e osserviamo queste misure in superficie, non negli abissi del mare. Ma esistono. Sono un’eccezione. Secondo Susana Cardénas, dell’Università peruviana Cayetano Heredia, si stima che in tutti gli oceani sorga “circa un milione di montagne più alte di 100 metri”. Servono a frenare le correnti e a indirizzarle in modo equilibrato per favorire lo sviluppo della flora marina e la sua biodiversità. Al tempo stesso sono come dei segnali per le migrazioni dei pesci, uccelli, cetacei, tartarughe. Si sa poco su questo immenso territorio ancora pieno di sorprese e segreti. Grazie ai nuovi strumenti si potrà finalmente mappare e scoprire una delle “fonti della vita sulla Terra”.
di Daniele Mastrogiacomo
29 GENNAIO 2021
(Fonte LA REPUBBLICA | Green&Blue)