Jane Goodall: “Il nostro pianeta è molto malato, ma l’uomo sembra non voler cambiare. Io però non perdo la speranza e vi spiego perché”

“Le persone sono decisamente più consapevoli del danno che stiamo facendo all’ambiente, c’è molta informazione nei notiziari. Ma la maggior parte di noi non sembra pronta a modificare il proprio comportamento per iniziare a curare le ferite che stiamo infliggendo al pianeta”. Jane Goodall, l’etologa britannica che ha dedicato la sua vita alla ricerca scientifica e a comunicare il rispetto per la Natura (si proprio quella con la N maiuscola), è molto realista sullo stato di salute del nostro Pianeta: dall’inquinamento all’«utilizzo sconsiderato» dei combustibili, al modo come trattiamo gli animali negli allevamenti intensivi sono tanti gli errori che lei vede fare dall’umano. Eppure, forte anche della sua saggezza data dai suoi 88 anni di età (ma solo anagrafica perché continua a girare il mondo come una 18enne), Goodall non perde le speranze e ci racconta il perché in questa lunga intervista che abbiamo realizzato anche come punto di partenza di una collaborazione nata fra La Zampa con il JGI Italia (Jane Goodall Institute-Italia per l’Uomo, gli Animali, l’Ambente),.organizzazione fondata dalla biologa Daniela De Donno nel 1998 e di cui presto andremo a scoprire i tanti progetti (**) dove la relazione persona-animale assume degli aspetti molti diversificati e interessanti.

Dottoressa Goodall, come sta la Natura oggi? E qual è la sua più grande preoccupazione?
«La Natura non è in buono stato. Abbiamo aria, acqua e terra inquinate. Il nostro utilizzo sconsiderato di combustibili fossili sta rilasciando nell’atmosfera enormi quantità di anidride carbonica, la più abbondante dei cosiddetti gas serra che ricoprono il globo e che trattengono il calore del sole, causando il surriscaldamento globale. Stiamo inquinando terreni agricoli con pesticidi e diserbanti chimici spesso tossici, causando la morte di insetti, uccelli e piccoli mammiferi ed effettivamente uccidendo lo stesso suolo da cui tutti noi dipendiamo. I rifiuti provenienti dall’agricoltura, dall’industria e dalle abitazioni vengono riversati nei fiumi e spesso finiscono nell’oceano, che sta diventando sempre più inquinato. Foreste, boschi, paludi, terreni torbosi, praterie verdi e praterie di alghe immagazzinano anidride carbonica all’interno delle loro foglie e del terreno, ma nel momento in cui vengono distrutti essa viene liberata nell’atmosfera. L’allevamento a livello industriale imprigiona miliardi di animali in tutto il mondo e gli habitat selvaggi vengono distrutti per coltivare grano utile a nutrirli. Durante la digestione, questi animali (soprattutto i bovini) producono metano, un gas serra molto aggressivo. Tutta questa distruzione degli ecosistemi sta avendo un effetto devastante sulla biodiversità, tanto che ci troviamo in mezzo alla sesta grande estinzione di piante e animali»

Come ha visto cambiare la situazione nel corso della sua vita? Pensa che le persone oggi siano più consapevoli che in passato?
«Le persone sono decisamente più consapevoli del danno che stiamo facendo all’ambiente, c’è molta informazione nei notiziari. Ma la maggior parte di noi non sembra pronta a cambiare il proprio comportamento per iniziare a curare le ferite che stiamo infliggendo al pianeta. In Africa la situazione è molto simile, ma c’è anche tanta miseria e i popoli poveri stanno distruggendo le foreste per creare più terre disponibili per coltivare, al fine di nutrire il bestiame e la crescente popolazione, oppure per trarre profitto dal carbone o dal legname».

Alcuni spesso dicono “Da solo non posso fare nulla per cambiare le cose”, ma lei ha detto che tutti possono agire nella propria vita quotidiana. Come?
«Certamente. Molti vengono a dirmi che hanno perso la speranza: “Come può una persona fare la differenza?”, dicono. In effetti, se ci si guarda intorno nel mondo, ci si sente abbattuti e senza speranza. Io dico alle persone di pensare al proprio ambiente locale. Che cosa li disturba? Forse sei preoccupato dei rifiuti. Prova a convincere i tuoi amici ad aiutarti a raccoglierli. Forse a turbarti è il numero di senzatetto, allora fai volontariato in una mensa dei poveri. Magari ti preoccupi dei cani randagi o dei gatti domestici che vagano per le strade in libertà perché uccidono uccelli e piccoli mammiferi, allora fai volontariato in un rifugio, dai vita a una campagna per convincere le persone almeno a mettere ai propri gatti dei segni di riconoscimento, come dei campanellini, eccetera. A quel punto, vedrai che tu e i tuoi amici potete fare la differenza. Ti sentirai meglio e vorrai continuare a fare la tua parte. E quando ti renderai conto che milioni di persone come te stanno facendo la loro, oserai pensare in maniera globale: insieme stiamo iniziando a riparare il danno che abbiamo causato».

C’è qualcosa che possiamo imparare dagli animali per migliorare il mondo? Gli umani credono di essere gli animali più intelligenti, ma sembra esserci qualcosa che non va…
«Credo che il problema sia che, mentre siamo effettivamente le creature più intellettive, abbiamo perso saggezza. Solo quando il nostro cervello così intelligente lavora con il nostro cuore (dove, in poesia, risiedono l’amore e la compassione) possiamo sperare di realizzare a pieno il nostro potenziale umano».

Cosa avrebbe dovuto insegnarci la pandemia da coronavirus sulla relazione con la Natura e gli animali? 
«È triste da dire, ma abbiamo provocato questa pandemia con la nostra assoluta mancanza di rispetto per gli animali. Creiamo situazioni che rendono relativamente facile per un patogeno, come batteri o virus, passare da un animale stressato a un umano. E, se esso si lega con una cellula del corpo umano, può creare una nuova malattia zoonotica. Sappiamo che circa il 70 per cento di tutte le nuove patologie umane hanno questa origine. Invadiamo l’habitat animale, costringendo le specie a una vicinanza all’uomo sempre più stretta. Gli animali selvatici vengono catturati e trafficati in tutto il mondo per essere venduti in mercati della fauna selvatica per ricavarne cibo, medicinali o per trasformarli in animali domestici. È dunque chiaro che stiamo contribuendo a creare nuove malattie zoonotiche con il nostro comportamento irrispettoso nei confronti degli animali».

In Danimarca milioni di visoni sono stati uccisi perché si temeva la diffusione del coronavirus. Lo stesso è accaduto con polli, uccelli, maiali o mucche per altri tipi di virus. Uccidere milioni di animali come se fossero oggetti da buttare è l’unico modo o ci sono altre soluzioni?
«Questa è solo un’altra ragione per la quale dovremmo assolutamente evitare di mettere gli animali in condizioni orribili per procurarci cibo, vestiti o qualsiasi altra cosa. La cosa migliore per il nostro futuro e andare verso una dieta a base vegetale. Io sono diventata vegetariana alla fine degli anni Sessanta, quando sono venuta a conoscenza degli allevamenti su scala industriale, che non esistevano quando ero una bambina. È stato solo dopo che io ho descritto il comportamento degli scimpanzé e dopo che i film del mio marito di allora sono stati mostrati in giro per il mondo che la scienza ha finalmente riconosciuto che noi umani non siamo gli unici esseri sul pianeta ad avere una personalità, una mente pensante e delle emozioni. Che facciamo parte e non siamo separati dal resto del regno animale. Come aveva detto Darwin cent’anni prima: la differenza tra noi e gli altri animali è una differenza di grado e non, come mi era stato detto quando frequentavo l’Università di Cambridge, una differenza di genere».

Pensa che un giorno le persone riusciranno a rispettare gli animali come gli umani? Secondo lei, perché le persone considerano cani e gatti come bambini, mentre gli altri animali sono meno importanti?
«Il mio programma per i giovani, Roots & Shoots, dall’asilo all’università (e oltre), insegna che, come noi, gli animali possono essere magnificamente intelligenti e che le loro emozioni (felicità, tristezza, paura, angoscia) sono molto simili alle nostre. Tutti loro provano dolore. I membri del programma Roots & Shoots imparano a rispettare le persone e gli animali. Comprendono che ogni animale in un allevamento intensivo o in un circo o un’oca crudelmente allevata per produrre fois gras è a tutti gli effetti un individuo dotato di personalità, capace di provare appagamento, paura e dolore. Il messaggio principale di Roots & Shoots è che ognuno di noi ha un impatto sul pianeta, ogni giorno, e che possiamo scegliere quale tipo di impatto avere. Noi abbiamo stabilito che, siccome ogni cosa è interconnessa, ogni gruppo deve scegliere tre progetti: uno per aiutare le persone, uno per aiutare gli altri animali, uno per aiutare l’ambiente. Ora il programma è presente in 66 Paesi ed è in crescita».

Quando si parla di diritti degli animali e tematiche legate alla salvaguardia delle specie, spesso non vengono considerati come argomenti molto importanti: prima viene l’essere umano. Come andare oltre e fare in modo che le persone se ne preoccupino?
«Spero che le persone inizino a capire che siamo parte del mondo animale, non ne siamo separati. Come loro, anche noi facciamo affidamento sul mondo naturale per il cibo, per l’acqua, per un riparo…insomma, per tutto. Ma ciò da cui dipendiamo sono degli ecosistemi sani e io vedo un ecosistema come un bellissimo arazzo vivente in cui ogni animale e pianta è interconnessa e ha un ruolo da giocare. Ogni volta che una specie scompare è come se un filo venisse tirato da questo arazzo, finché esso non rimane appeso a brandelli e l’ecosistema collassa. Questo sta accadendo».

Il 4 ottobre è stata la Giornata Mondiale deli Animali e lei ha speso tutta la sua vita per loro. Se oggi lei fosse una giovane Jane, che tipo di studi le piacerebbe intraprendere? Che tipo di errori non vorrebbe ripetere?
«Se fossi giovane oggi ovviamente il mio percorso sarebbe diverso, ma penso che vorrei ancora essere là fuori, nella natura selvaggia, osservando e imparando a proposito di animali. E c’è così tanto da imparare. Potrei studiare l’intelligenza animale. Non si tratta solo dei primati: elefanti, balene eccetera sono intelligenti. I topi sono straordinariamente svegli. Un maiale salvato da un macello ama dipingere: sceglie i colori e crea fantasie elaborate, senza essere costretta a farlo. Recentemente c’è stata un’esibizione dei suoi quadri e alcuni sono stati venduti per oltre mille dollari. I corvi sono in grado di risolvere alcuni problemi complessi più velocemente di alcuni umani di 8 anni. E l’intelligenza del polipo è qualcosa che ha assolutamente sconvolto gli scienziati. Ho commesso degli errori. Oggi gli studiosi degli animali selvatici non creano la stretta relazione che avevo io con loro, ma all’epoca questo non era considerato un errore, perché non sapevamo che i primati potessero prendere le nostre malattie (e noi le loro). Per questo credo di essere arrivata più vicino a una comunità di scimmie selvatiche di quanto sarebbe possibile oggi. Ed è il motivo per cui la scienza ha poi cambiato il suo modo di vedere la relazione tra noi e gli animali».

C’è qualcosa ancora in grado di stupirla nei suoi studi? Quanto resta da scoprire sugli animali?
«Dopo più di sessant’anni, stiamo ancora scoprendo cose sugli scimpanzé del Gombe. Ogni animale ha la sua propria personalità. È possibile studiare lo sviluppo delle tradizioni culturali e come il comportamento degli scimpanzé cambia o meno da un ambiente all’altro».

Se potesse leggere la mente degli scimpanzé, cosa crede che penserebbero del comportamento dell’uomo?
«Credo che gli scimpanzé selvatici desidererebbero di essere lasciati in pace da noi! Alcuni tenuti in cattività, nati in cattività e in un buon habitat, con un gruppo appropriato e dei proprietari amorevoli, invece, sarebbero grati, perché non hanno mai conosciuto nient’altro»..

Ultima domanda: nel 2021 ha pubblicato “Il libro della speranza” (The Book Of Hope). Cosa la rende ancora così speranzosa?
«Ho almeno quattro motivi per esserlo: per prima cosa sono i giovani di oggi, che capiscono i problemi che stiamo affrontando e sono nelle condizioni di agire. Mentre parliamo, da qualche parte nel mondo ci sono membri del programma Roots & Shoots che stanno agendo, piantando alberi, raccogliendo rifiuti, facendo volontariato in varie iniziative, cambiando la mentalità dei propri genitori, nonni, amici. Ci sono centinaia di migliaia di persone che sono state membri di Roots & Shoots (nato nel 1991) che conservano i valori acquisiti durante il programma. Uno importante tra questi è il rispetto: per le persone, per gli altri animali e per l’ambiente. Sì, il mio più grande motivo di speranza risiede nei nostri giovani e supportarli è un’urgente necessità. In Italia, ad esempio, ci sono molti gruppi. La seconda “ragione di speranza” è lo straordinario intelletto umano. Stiamo finalmente usando il nostro intelletto per trovare dei modi per curare alcune delle ferite che abbiamo inflitto al mondo naturale e per vivere in maniera più sostenibile, ad esempio utilizzando l’energia solare o eolica. Le persone stanno iniziando a pensare al proprio impatto ambientale. Cosa comprare? Il modo in cui è stato prodotto è dannoso per l’ambiente? È stato crudele nei confronti degli animali, come nel caso degli allevamenti su scala industriale? È poco costoso a causa di paghe ingiuste in altri Paesi? Se la risposta a una qualsiasi tra queste domande è “sì”, non comprarlo. Ciò sta portando a una pressione da parte dei consumatori che sta cambiando il modo in cui operano le grandi aziende, così come i giovani cambiano il modo di pensare dei propri genitori. Terza motivazione: la resilienza della Natura è strabiliante. Nel 1960, quando iniziai i miei studi sugli scimpanzé, il Gombe faceva parte della più ampia fascia di foresta che si estendeva attraverso l’Africa equatoriale. Quando sorvolai l’area alla fine degli anni Ottanta a bordo di un piccolo aeroplano, era diventata una piccola isola di foresta circondata da colline brulle. C’erano troppe persone da supportare per quella terra ed erano troppo povere per comprare del cibo da qualsiasi altra parte. Questo mi ha colpita: se non possiamo aiutare questa gente a trovare dei modi per guadagnarsi da vivere senza distruggere l’ambiente circostante, non possiamo salvare gli scimpanzé, le foreste o ogni altra cosa. Dunque, con l’aiuto dell’Unione Europea e poi di USAID, abbiamo dato vita al nostro programma Tacare, guidato dalla comunità olistica del Jane Goodall Institute per alleviare la povertà e ripristinare l’habitat delle foreste, che è così importante. Questo programma ora opera in altri 6 Paesi africani, nei quali studia e protegge gli scimpanzé, il loro habitat e le comunità locali. La mia quarta ragione di speranza è l’indomito spirito umano. Persone che affrontano problemi che sembrano impossibili e così spesso raggiungono risultati pazzeschi. Icone come Nelson Mandela o Martin Luther King. Coloro che sono afflitti da disabilità fisiche ma conducono vite che ispirano le persone che li circondano. Ho così tanti esempi, ma ciò che voglio dire è che ognuno di noi ha quello stesso spirito indomito. Dobbiamo alimentarlo, esternarlo per essere d’ispirazione per gli altri, in modo tale che insieme possiamo rendere questo mondo migliore per tutti. Con ciascuno di noi che fa la propria parte».

 

(**) Il Jane Goodall Institute-Italia per l’Uomo, gli Animali, l’Ambente (JGI Italia) è una Organizzazione di protezione ambientale riconosciuta dal Ministero della Transizione Ecologica, fondata dalla biologa Daniela De Donno nel 1998. Daniela De Donno collabora con Jane Goodall dal 1992, da quando iniziò a Bujumbura (Burundi) nel centro del Jane Goodall Institute per il recupero di scimpanzè confiscati ai bracconieri dalle autorità locali.

I principali progetti su cui la JGI Italia è attualmente impegnata sono:
1) Orfanotrofio Sanganigwa Children’s Home, a Kigoma nei pressi di Gombe, in Tanzania: per i bambini orfani per l’Aids o abbandonati; realizzazione case famiglia; istruzione fino all’università ed educazione ambientale (incluse le visite al parco); attività produttive per rendere la struttura autonoma (orti biologici, guest house, pollaio per galline ovaiole, copertura pannelli solari, raccolta acque piovane ….).
2) Tutela delle antropomorfe in cattività: JGI Italia a firma di Goodall e De Donno ha inviato al ministero della Transizione Ecologica (e agli altri ministeri competenti) una proposta molto dettagliata per un Decreto Ministeriale per definire i requisiti minimi per la gestione delle antropomorfe nelle strutture zoologiche italiane, per il miglioramento delle loro condizioni di vita (trovi tutto online), un tavolo tecnico è aperto dal Ministero ma ancora il DM non è fatto (fiduciosa attesa…), speriamo; JGI Italia fa regolare censimento sulle antropomorfe in Italia (pubblicato nel sito); negli anni il JGI si è occupato, collaborando con CITES, del trasferimento di scimpanzè soli e fa advocacy contro lo sfruttamento anche in pubblicità. eccetera.
3) Programma Roots&Shoots (Radici e Germogli) creato da Jane Goodall per l’educazione alla sostenibilità e l’educazione civica nelle scuole italiane di ogni ordine e grado. Sta per partire il corso gratuito online sul programma educativo Roots&Shoots per guidare i giovani ad agire concretamente per migliorare le loro comunità.
4) Campagna permanente per il riciclo dei vecchi cellulrai “RecycleForChimps”, sono ad oggi attivi sparsi in tutta Italia oltre 300 punti di raccolta.

di 

Traduzione a cura di Laura Manca

05 Ottobre 2022

(Fonte LA STAMPA| LaZampa.it)

in copertina Jane Goodall, 88 anni, primatologa ed etologa inglese