Bisonte, castoro europeo e lontra. Gli animali sull’orlo dell’estinzione oggi tornati a popolare habitat che temevamo compromessi, grazie a progetti di conservazione. Ma gli esperti avvisano: non dobbiamo abbassare la guardia di fronte alla crisi climatica che minaccia ancora centinaia di specie
Solo nel 2020 appena trascorso si sono moltiplicati gli appelli della comunità scientifica sulle specie animali quasi scomparse, eppure qualche segnale di un “ritorno” è arrivato da diverse parti del mondo, confermato dal WWF e da altre associazioni ambientaliste impegnate in progetti di conservazione degli animali.
È il caso del bisonte europeo, tornato a pascolare nelle pianure del Caucaso grazie al successo dei progetti di reintroduzione e allevamento. Così come in Messico, dopo cento anni, i bisonti americani considerati ormai estinti. Gli sforzi del Parco Nazionale Wind Cave, nel Sud Dakota, sono stati premiati dopo i 23 esemplari trasferiti negli altipiani di Coahuila, Stato del nordest messicano al confine con il Texas dove i grandi mammiferi hanno appena ripreso a lasciare le proprie orme nella neve.
L’ombra della caccia non ha fermato neppure il rinoceronte nero d’Africa. L’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn) lo annovera ancora tra le specie “minacciate”, ma la lotta al bracconaggio ha dato i suoi frutti. Dal 1990 a oggi la popolazione del rinoceronte nero è più che raddoppiata passando da 2.400 esemplari ai 5.600 di oggi. Un’altra buona notizia viene dal Mar Baltico, ripopolato dalla foca grigia. All’inizio degli anni ’80 ne erano rimasti solo 2.500 individui, diventati ora 38.000. In Australia, grazie a un programma di conservazione che prosegue da circa 20 anni, sono stati reintrodotti in natura circa 26 diavoli della Tasmania dall’associazione Aussie Ark, che li ha liberati in un santuario di circa 400 ettari a Barrington Tops, a nord di Sydney.
Non finisce qui. In una foresta di Tarvisio (Udine) l’avvistamento del castoro europeo è la prova del successo dei tentativi di reintroduzione che lo hanno portato di nuovo anche in Svizzera (Canton Ticino), in Austria (Carinzia, Valle del Gail) e in Slovenia. Sempre in Friuli, ma stavolta in pianura, – a cinquant’anni anni dall’ultima segnalazione – è ricomparsa la lontra. Dalla terraferma al mare anche le lontre marine, nel lontano Canada, si sono riappropriate del loro storico habitat portando tra l’altro benefici all’economia locale. Sulle isole Danger, in Antartide, negli ultimi sessant’anni le colonie di pinguini Adelia sono rimaste stabili e persino aumentate. Lo confermano gli scienziati dopo aver trovato, oltre ai pinguini Adelia, circa 100 nidi di pinguini Papua e una piccola popolazione (27 nidi) di pinguini Chinstrap.
Tornando ai nostri mari, nelle acque del Salento, è stata finalmente avvistata la foca monaca. Un ritorno importante, secondo il direttore della riserva Paolo D’Ambrosio: “La foca monaca era scomparsa da tempo in diverse zone dal Mediterraneo. Il suo ultimo avvistamento nell’Area marina protetta di Porto Cesareo risale addirittura agli anni ’70”. Un bel segnale, che però va letto con cautela secondo Piero Genovesi, responsabile per il coordinamento della fauna selvatica dell’Ispra: l’avvistamento di un solo esemplare non basta a far parlare di ritorno. “Considerata la zona, – spiega l’esterno – potrebbe trattarsi di un semplice transito di animali dalla Grecia o dall’Albania. È ancora presto per dire che la foca monaca è tornata nelle nostre acque”.
Le Alpi Marittime hanno ritrovato però gli stambecchi quasi scomparsi e tornati grazie al ripopolamento avviato fin dai tempi di Vittorio Emanuele III, che li riportò nella Riserva di caccia reale di Valdieri-Entracque. Oggi, l’attuale Parco Naturale ne conta circa 800, tutti discendenti dalla popolazione originaria del Gran Paradiso. La lince iberica, a rischio di estinzione appena vent’anni fa, sta ripopolando invece Spagna e Portogallo. Secondo l’ultimo censimento, stilato da un gruppo di biologi spagnoli, il numero di individui è aumentato di nove volte in 18 anni, passando dai 94 del 2002 alle 855 del 2020. Di questo passo, se gli sforzi di conservazione continuano, la lince iberica potrebbe essere fuori pericolo entro il 2040, quando se ne potrebbero contare 3 mila.
Che dire poi dell’aquila del Bonelli? Di recente Ispra e Wwf le hanno dedicato un fumetto nell’ambito del progetto Life in Sicilia e Sardegna, dove sono evidenti i passi avanti fatti per salvare il rapace dall’estinzione. In Sicilia, dove l’aquila di Bonelli non è mai scomparsa, si prosegue nella salvaguardia della riproduzione, mentre in Sardegna si monitora la reintroduzione fatta lo scorso settembre.
Se l’impronta dell’uomo ha giocato spesso a sfavore della biodiversità, è pur vero che la conservazione mostra alcuni evidenti successi. Ma gli ecosistemi hanno un equilibrio delicato da rispettare e non possiamo abbassare la guardia di fronte alle evidenze del clima che cambia anche a causa dei nostri comportamenti, avvisano gli esperti. Lo ricorda Genovesi: “La biodiversità attraversa una crisi molto grave che rischia di diventare drammatica nel prossimo futuro.
Un milione di specie selvatiche (dati rapporto Ipbes 2019) rischia di scomparire per sempre. Secondo i dati del Living Planet 2020 del WWF, le popolazioni di mammiferi, uccelli, pesci, anfibi e rettili sono crollate del 68% dal 1970, a fronte del 64% registrato l’anno precedente. I tassi di estinzione attuali sono centinaia di volte più rapidi di quelli del passato. Ma gli esempi incoraggianti citati dimostrano che è possibile arrestare la perdita di specie e habitat mettendo in sicurezza gli ecosistemi naturali. È essenziale però che gli Stati e gli organismi internazionali attivino immediatamente politiche di conservazione molto più ambiziose e meglio coordinate”.
di Vincenzo FOTI
21 GENNAIO 2021
(Fonte LA REPUBBLICA | Green&Blue)