Gli animali CI CAPISCONO

Si fidano di noi, ci amano e se non ci siamo gli manchiamo. Possiamo perfino stare loro antipatici!

Stringono legami, gioiscono, soffrono e hanno anche una personalità. Il biologo Carl Safina non ha dubbi: tutte le specie provano sentimenti, proprio come gli essere umani. E sfata qualche mito. Per esempio, lo sapevate che le orche non sono per niente cattive? Anzi, grazie a intelligenza ed empatia, possono addirittura salvarci la vita

 

Di  Antonella Fiori

 

Cosa sentono gli animali? Hanno emozioni simili alle nostre? Chi non ha mai pensato che al proprio cane mancasse solo il dono della parola? Insomma, gli animali ci capiscono? Il mio gatto mi ama davvero o vuole solo una ricompensa quando mi corre incontro e mi saluta con un miao? Dopo una chiacchierata con Carl Safina, grandissimo biologo che ha svolto ricerche sugli animali in tutto il mondo – dalle grandi riserve africane al Parco nazionale di Yellostone – , si apre un universo inesplorato. Ebbene si, gli animali amano, soffrono, provano dolore, simpatie e antipatie al punto che secondo Safina non ha senso considerarli molto diversi da noi umani.

Professore, gli animali provano emozioni come noi?

“Certamente, siamo tutti “animali”, anche se noi esseri umani siamo “più estremi”. L’uomo, infatti , è l’animale più creativo e distruttivo, più compassionevole e più crudele che c’è”.

Come facciamo a sapere che possono pensare e sentire come noi?

“La risposta è davanti ai nostri occhi. Quando il mio cane vuole una grattatina sulla pancia, viene da me, si mette con le quattro zampe all’aria, e pensa: “Vado da lui perché mi fido e so che mi farà stare bene: è la mia famiglia!”. Se questo non è provare qualcosa, cos’è? In particolare i cani proteggono e guidano persone che possono vedere solo grazie ai loro occhi. Come farebbero senza sentire qualcosa, senza empatia?”.

Quindi ci amano?

“Si, anche se c’è un tipo di attaccamento diverso a seconda della specie cui appartengono. I cani, in generale, sono più affettuosi, i gatti più individualisti. Ovviamente, come capita con le persone, dipende anche dal loro carattere: ci sono gatti più indipendenti, altri più coccoloni. Questo perché ogni animale ha una personalità diversa e sviluppa con noi un rapporto unico. In ogni caso gli animali, specialmente quelli più sociali, sono in grado di provare sentimenti e di instaurare dei legami profondi, tra cui quello d’amore incondizionato”.

Nel suo ultimo libro, Al di là delle parole (Adelphi), racconta che gli elefanti comunicano tra loro con suoni speciali. Ma cosa si dicono? Si scambiano segni d’affetto come gli esseri umani?

“Si, accade a tutti gli animali, soprattutto quelli che vivono in gruppo come gli elefanti: si riconoscono come capita a noi umani. E quando si ritrovano dopo un’assenza si salutano con dei suoni, cercando il contatto fisico, assumendo posizioni per dimostrare la contentezza di stare insieme. Se ci pensa anche tra gli esseri umani il saluto, in qualunque lingua venga fatto, ha lo scopo di trasmettere il piacere di vedere l’altro, la gioia di avere una relazione con lui”.

Un cane, un gatto, un elefante, ma anche a un uccellino, un mollusco. Pensi che negli acquari ci sono dei polpi che riconoscono le persone che si occupano di loro. Le dirò di più: oltre a provare delle emozioni, sono in grado di distinguere i vari tipi di sentimento. E così, ci sono animali che trovano alcune persone simpatiche e altre antipatiche”.

Mi sta dicendo che potrei essere antipatica ad un polpo?

“Certo. Lo so che fa una certa impressione, ma gli animali, anche quelli che mangiamo, come i polpi, provano piacere e dolore, attrazione o repulsione”.

Secondo lei, il fatto che ci riconoscano, che instaurino un rapporto affettivo, che problemi morali ci deve porre?

“Ogni volta che mangiamo un animale dobbiamo prendere alcune decisioni. Se accettiamo che debbano essere uccisi, dovremmo riflettere su come vengono uccisi e il modo in cui sono costretti a vivere. Si sa, alcuni animali in allevamento conducono una vita gradevole, mentre negli allevamenti a batteria la loro esistenza, dalla nascita alla morte, è miserevole. Forse vivono addirittura in modo peggiore rispetto al modo in cui li facciamo morire”.

Il suo libro vuole essere anche una lezione di etica?

“No, non l’ho scritto per fare una denuncia. Il mio lavoro è descrivere come sono gli animali, cosa sentono e come si comportano tra di loro. Poi sta a ognuno di noi prendere decisioni in proposito. Per esempio, se continuare ad avere un rapporto distruttivo e violento con loro quando sono in vita”.

Lei parla di empatia tra gli animali. Mi fa un esempio?

“Quando un elefante è malato o è in punto di morte, cade a terra e gli altri elefanti, per rima cosa, cercano di aiutarlo a sollevarsi. Poi, se non ci riescono, gli si mettono intorno per fare la guardia. Insomma, lo proteggono. Questa è empatia”.

Anche in questo ci assomigliano?

“La specie umana è più empatica, capace di atti di compassione ancora più grandi. Però è anche vero che gli uomini possono essere molto crudeli, dimenticando che anche le altre persone hanno dei sentimenti”.

Lei racconta una storia toccante. Un gruppo di orche, un animale considerato cattivissimo, ha riportato a casa alcuni scienziati che si erano persi nella nebbia.

“in quel caso, le orche sono state empatiche: hanno dimostrato di aver capito che quegli esseri umani erano in difficoltà. Pensi alla paura che abbiamo di loro, quanta crudeltà insensata riserviamo alle orche che invece, come i delfini, hanno un cervello sviluppatissimo e addirittura aiutano le persone in pericolo in mare”.

Molti animali vengono abbandonati, lasciati soli. Soffrono per questo?

“Certo. Il mio cane comincia a dare segni di tristezza già quando mi vede preparare la valigia, perché associa questo gesto a un’imminente abbandono. Quando non ci siamo, sentono la nostra mancanza, come a noi manca una persona cui vogliamo bene”.

Quando stiamo male cosa succede?

“Di solito si comportano come il migliore dei nostri amici: ci stanno vicini. E se il loro padrone muore, soffrono. Può capitare a un cane, un gatto, ma anche a un pappagallo, un canarino”.

E se un loro simile viene a mancare?

“Provano moltissimo dolore. Avevo due anatre e quando una è morta l’altra per settimane l’ha cercata e chiamata. Non si rassegnava, voleva capire dove fosse andata.”

Il biologo statunitense Carl Safina, 63 anni.

Professore alla Stony Brook University, ha scritto vari saggi sulla relazione tra gli esseri umani e il mondo naturale tradotti in tutto il mondo.

Il suo ultimo libro Al di là delle parole (Aldephi) vincitore del premio letterario Merck, un riconoscimento assegnato ai grandi nomi della letteratura scientifica.

 

(Fonte F n.34)