Il 5 febbraio si celebra la IX Giornata nazionale contro lo spreco alimentare: nel 2020 gli italiani hanno buttato 27 chili di cibo a testa. E sono troppi.
Il 5 febbraio si celebra la Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare, appuntamento fisso che dal 2014 cerca di sensibilizzare l’opinione pubblica sullo spreco di cibo. Un problema paradossale se si mette a confronto con i numeri della fame nel mondo: se riuscissimo a non sprecare cibo, potremmo sfamare una persona in più ogni quattro.
Mentre quasi il 40% del cibo totale prodotto nel mondo viene buttato, tre miliardi di persone sulla Terra non possono permettersi un pasto sano ogni giorno, e 250 milioni di persone sono affamate.
PERSO E SPRECATO NEL MONDO. Per inquadrare bene la questione è importante distinguere tra cibo perso e cibo sprecato. Appartengono alla prima categoria gli alimenti che non raggiungono le nostre case ma vengono buttati dopo essere stati raccolti (o macellati, nel caso della carne): secondo le stime FAO del 2019, circa il 14% del cibo totale prodotto viene perso per strada, diventando immangiabile prima di raggiungere i nostri piatti.
Un metodo innovativo per combattere la perdita alimentare viene da un’azienda statunitense, che ha inventato un bollino che mantiene la frutta e la verdura fresche più a lungo (per approfondire). © Diana Taliun | Shutterstock
Diversa è la questione del cibo sprecato che, secondo il Food Waste Index Report 2021 dell’UNEP (United Nations Environment Programme), rappresenterebbe il 17% del cibo totale prodotto, e che nel 2019 avrebbe raggiunto quota 931 tonnellate.
Per combattere gli sprechi, negli ultimi anni sono nate diverse iniziative che coinvolgono singoli e imprese del settore alimentare: una di queste è TooGoodToGo, una app che permette a chiunque lo desideri di “salvare” del cibo che è ancora troppo buono per essere gettato (too good to go, appunto), pagando una somma simbolica di qualche euro e ritirando in cambio una scatola contenente cibo invenduto di bar, supermercati o alimentari.
OBIETTIVI ONU. Nel 2015 gli Stati membri dell’ONU hanno redatto 17 obiettivi di sviluppo sostenibile, inserendoli all’interno dell’Agenda 2030: il punto 12.3 guarda in modo specifico alla produzione sostenibile del cibo, ed entro il 2030 mira anche «a dimezzare lo spreco alimentare globale pro-capite a livello di vendita al dettaglio e dei consumatori e ridurre le perdite di cibo durante le catene di produzione e di fornitura, comprese le perdite del post-raccolto».
Una sintesi dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030, il “programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità” sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU.
DATI ITALIANI. La pandemia di covid ha avuto un involontario effetto positivo sugli sprechi alimentari in Italia: secondo il Waste Watcher International Observatory, nel 2020 sono stati buttati 27 chili di cibo a testa, contro i quasi 31 chili del 2019, segnando una riduzione dello spreco di quasi il 12%. Una buona notizia, che potrebbe però essere frutto di un momentaneo cambiamento delle abitudini degli italiani e non di una reale trasformazione (un po’ com’era avvenuto con le emissioni di CO2, crollate per il blocco di industrie e aerei ma presto risalite).
Il primo passo per combattere gli sprechi, ricorda Dana Gunders dell’azienda no-profit ReFED, è rendersi conto che esistono: «È difficile convincere le persone che abbiamo questo problema», sottolinea. Difficile, ma necessario: la consapevolezza e il desiderio di cambiamento, come accade per le questioni legate alla crisi climatica, devono partire dal singolo.
5 febbraio 2022
(Fonte Focus | Ecologia)