Giornata mondiale per i diritti, quelli degli animali restano negati: in 10 mesi 541 episodi di maltrattamento

LA CAMPAGNA

L’Enpa rilancia i numeri sull’attività dei Carabinieri forestali. E chiede al governo di abbassare l’Iva su cibo e cure: «Cani e gatti non sono un lusso, con la crisi molte famiglie non ce la fanno economicamente ad occuparsi di loro»

Oggi è la Giornata mondiale per i diritti umani ed è anche, con una concomitanza non casuale, la Giornata mondiale per i diritti degli animali. Ma l’effettivo riconoscimento di diritti agli animali è ancora lontano dall’essere raggiunto. Anche in Italia. E non si tratta solo di essere considerati soggetto e non solo oggetto del diritto (ancora oggi nel codice civile gli animali sono trattati alla stregua di cose e non come esseri senzienti). Oppure, nel caso di cani e gatti, di poter finire nello stato di famiglia dei loro compagni di vita umani (c’è un disegno di legge in tal senso, fermo in Parlamento). Questo significherebbe già avere raggiunto un livello di civiltà superiore. No, il problema è che agli animali non vengono riconosciuti i diritti più elementari: quello di non soffrire; quello di non essere considerati un lusso, ovvero una possibile fonte di guadagno per aziende e professionisti o di prelievo fiscale da parte delle istituzioni; quello di non essere sempre quelli sacrificabili, per la ricerca o per tenere in piedi stili di vita non più sostenibili. E quello di non essere maltrattati, di ricevere giustizia qualora episodi di violenza accadano. Quest’ultimo aspetto è quello che più risulta incomprensibile nell’anno 2020 in questa parte di mondo che si considera civilizzata.

L’attività dei carabinieri

Basta un’occhiata ai numeri raccolti dall’Ente nazionale protezione animali sull’attività dei Carabinieri forestali per capire che sul fronte dei diritti siamo davvero solo agli albori: tra il 1° gennaio e il 31 ottobre sono stati perseguiti 541 casi di reati di maltrattamento, sono stati registrati 161 illeciti amministrativi, sono state denunciate 215 persone e sono stati eseguiti 171 sequestri penali. Sono cifre che fanno pensare. Ma si riferiscono solo ad una parte di quanto avviene davvero nel nostro Paese: molti episodi di violenza semplicemente non vengono denunciati o non vengono scoperti. E a questi si aggiungono forme di maltrattamento considerate a torto più veniali, come il taglio della coda o delle orecchie praticata a fini estetici su alcune razze di cani, spesso solo in vista della partecipazione a concorsi di bellezza.

L’Enpa in campo

L’Enpa ha percezione diretta del fenomeno: il suo ufficio legale è stato interpellato 2.555 volte in meno di un anno, una media di 7 interventi al giorno per consulenze su possibili reati o per azioni legali vere e proprie. Ventitré denunce sono state presentate per uccisione di animali, 41 per casi di maltrattamento. Che non riguardano solo cani, gatti o altri mammiferi, ma sempre di più anche gli uccelli da richiamo. «Gli interventi delle nostre guardie zoofile — spiegano all’Enpa — hanno scoperchiato una realtà davvero inquietante che vede migliaia di uccelli vittime di sofferenze atroci. Solo in provincia di Vicenza almeno centomila animali sono ingabbiati per tutta la vita, costretti a vivere in una spazio minuscolo che non gli permetterà neanche di aprire le ali, spesso in mezzo ad escrementi e acqua putrida». In aumento sono anche le detenzioni incompatibili, considerate alla stregua di maltrattamento, e i casi di accumulatori seriali (nel 2020 l’associazione si è presa cura di 1.215 animali sequestrati in questo ambito dalle forze dell’ordine). E non si ferma il traffico di cuccioli di razza, soprattutto dall’Est europeo e via Internet.

Un segno dalle istituzioni

Come se ne esce? Serve un deciso cambio di mentalità, una maggiore cultura del rispetto per gli animali e per l’ambiente. Ma anche un segnale da parte delle istituzioni. Per esempio sul fronte fiscale e delle agevolazioni per i proprietari responsabili, che a volte tra mille difficoltà cercano di accudire al meglio i propri animali. «Proprio in questa giornata dedicata ai diritti, umani e animali — sottolinea Carla Rocchi, presidente dell’Enpa — abbiamo scelto di fare una richiesta semplice, concreta, fattibile: abbassare l’aliquota Iva per le prestazioni veterinarie e quella per il cibo, oggi entrambe al 22%. Lo avevamo già fatto qualche settimana fa sottoscrivendo l’appello al governo promosso dalle associazioni veterinarie e dalle aziende del pet care e torniamo a chiederlo oggi perché è inconcepibile che il diritto alla salute degli animali debba essere considerato un lusso». Anche Enpa, come altre associazioni, è in campo per assistere le famiglie che in questo periodo di crisi pandemica non ce la fanno economicamente a prendersi cura dei loro quattro zampe. «Solo con Rete Solidale Enpa — evidenzia ancora Rocchi — abbiamo donato alle famiglie che si sono rivolte a noi oltre 200 mila euro di cibo, 100 mila euro per le spese veterinarie e 200 mila euro di medicinali. E’ ora di riconoscere il sacrosanto diritto di un animale di essere curato ed alimentato abbassando l’aliquota unica al 10%».

di Alessandro Sala
10 dicembre 2020
(Fonte IL CORRIERE DELLA SERA | ANIMALIA)