L’amore per gli animali (e per il pianeta) guida le scelte consapevoli nel cibo come nello skincare, di sempre più persone. Ed è boom per i COSMETICI VEGANI eticamente corretti, certo: ma sapevate che a volte funzionano anche meglio?
Novembre 1944: Donald Watson, attivista britannico vegetariano, fonda, insieme alla collega Elisie Shrigley, The Vegan Society. Da quel momento debutta ufficialmente, una vera e propria filosofia di vita che impone di rinunciare non soltanto alla carne, ma anche al latte, alle uova, al miele e a tutti i derivati animali.
Tra il 2011 e il 2016 in Italia i vegani sono cresciuti più che nel resto del mondo, segnando l’incredibile aumento del 94,4 per cento, e arrivando a rappresentare il 9 per cento della popolazione, cioè il 25 per cento in più rispetto all’anno precedenti (dati Rapporto Italia Eurispes 2020). Il totale rispetto per la vita dell’animale, di qualunque forma e dimensione esso sia, non interessa più solo l’alimentazione, ma spazia dalla moda alla bellezza, incoraggiando sempre più aziende cosmetiche verso una produzione vegana e certificata, oltre che naturale e biologica. Lo conferma Giuseppe Montalto, anima di Bellezza Bio Montalto. “Oggi i prodotti cruelty free e totalmente privi di ingredienti che provengono dal mondo animale sono tra i più richiesti”. Ecco perché.
Entrano in black list anche miele e cera d’api
Bisogna parlare chiaro, senza fraintendimenti: cruelty free non è sinonimo di vegano e vegano è molto più che cruelty free.
“In Europa i test sugli animali non si possono più fare per legge dal 2013”, continua Montalto. “Il concetto di vegano, però, va oltre. Non prevede l’utilizzo di alcun ingrediente che comporti l’uccisione dell’animale, ma vieta di sfruttare anche gli elementi connessi alla sua vita”.
Come cera d’api e miele, propoli e pappa reale, lanolina (sostanza lipidica frutto della secrezione sebacea della pecora) e cocciniglia, squalene preso dall’olio di fegato degli squali e collagene animale, gommalacca derivata dagli insetti e guanina estratta dalle scaglie di pesce, cheratina (proteina che si trova in piume, criniera, zoccoli e corna) e glicerina animale, acido stearico (grasso animale), proteine della seta ed elastina. Oltre a uova, latte e sieri, panna, lattosio.
Ripulire le formule senza rinunciare all’efficacia
Vegano non significa nemmeno naturale o biologico, al contrario. Spesso nei cosmetici le sostanze proibite sono sostituite da quelle di sintesi o chimiche. “Facendo ricerca ho scoperto che l’uso di ingredienti di origine animale non solo comporta un rischio di allergie più alto, ma non è sempre efficace”, commenta Raffaella Gregoris, chimica e founder di Bakel, marchio vengan friendly. Ci sono attivi biotecnologici altrettanto validi che promettono risultati evidenti. “Per esempio il solo colorante presente in natura è la cocciniglia, che si trova, in genere, nei rossetti rossi”, spiega Montalto. “I lipstick vegani non possono utilizzarlo, in quanto estratto da una famiglia di parassiti. Per tingere le labbra di rosso, quindi, ripiegano su un colorante sintetico”.
In molti casi l’alternativa agli eccipienti animali si trova in natura. E’ il caso della gommalacca del mais, dello squalene delle olive o del germe di grano, dell’acido stearico estratto dal cocco o dalle noci, fino al collagene non più animale, ma ricavato dalla proteina della soia o dall’olio di mandorle.
“In un rossetto l’efficacia plastificante è solitamente garantita dalla cera d’api, che può essere sostituita dalla cera di origine vegetale. Ottima la carnauba, ottenuta dalle foglie di palma o la cera candelilla che proviene dalla lavorazione di foglie e rami dell’Euphorbia cerifera, arbusto che cresce tra Messico e Texas”, precisa Montalto.
Una scelta estrema che salva anche l’ambiente
Se in passato i cosmetici vegani rappresentavano una nicchia nel mercato della bellezza, oggi sono sempre più numerosi, come i marchi che accolgono almeno una referenza priva di ingredienti di derivazione animale all’interno del loro listino. I motivi? Attenzione alla richiesta di un pubblico in costante crescita, ma non solo. Per Raffaella Gregoris è una questione etica e una grande soddisfazione produrre nel rispetto degli animali, per altri il fattore preponderante è la salvaguardia del pianeta. E’ il caso di Aveda, brand americano di haircare cruelty free fin dalla sua origine, che ha annunciato la riformulazione di tutti i suoi prodotti a partire da gennaio 2021, rinunciando a qualunque eccipiente di derivazione animale. “Una sfida che ha richiesto più di tre anni di lavoro”, afferma Barbara De Laere, Aveda global brand presidente. Tra i motivi del cambiamento radicale di rotta la consapevolezza che, per produrre mangime destinato agli animali da allevamento, si rilascia una quantità significativa di anidride carbonica, mentre per fare spazio a stalle, fattorie e pascoli si sacrificano ampie aree boschive.
La certificazione garantisce conformità
Un capitolo a parte spetta alle certificazioni, un percorso non certo semplice. “Per dirsi vegana un’azienda deve sottoporre ogni singolo elemento al vaglio di un ente deputato a rilasciare l’attestazione di idoneità. E non sono soltanto le formule a essere sotto esame, ma anche i packaging”, sostiene Raffaella Gregoris.
“Tempo fa ho rinunciato ad adottare un flacone airless a doppia camera perchè, all’interno del tappo, presentava delle componenti di derivazione animale”.
“Il problema è che non esiste un ente unico, valido per tutto il mondo, che attesti la conformità di un cosmetico o un prodotto di make up vegan friendly”, fa eco Montalto.
Ogni Paese si rivolge agli organismi preposti, che poi sono nazionali.
“In Italia tra gli enti certificatori più accreditati rientrano VeganOK e CCPB, che da oltre 30 anni monitora il settore cosmetico e quello agroalimenare”, conclude Giuseppe Montaldo.
di Simona Fedele – testi di Rachele Briglia
(Fonte F – n.14 Settimanale 06.04.2021)