Allevamenti di visoni chiusi entro 6 mesi, aiuti alle aziende per cambiare

Emendamento trasversale al Senato: indennizzi e contributi per la riconversione. Brambilla: «Basta animali uccisi per lucro e vanità». De Petris: «In Europa altri hanno già fatto questa scelta, ora tocca all’Italia»

Chiudere entro sei mesi, e in via definitiva, gli allevamenti di animali da pelliccia ancora presenti sul territorio italiano e attualmente fermi per effetto dell’ordinanza del ministro della Salute generata dall’emergenza Covid (la sospensione dell’attività scade il 31 dicembre). E, al tempo stesso, prevedere per le aziende del settore adeguati indennizzi per compensare lo stop delle attività e contributi finalizzati alla riconversione degli impianti. Sono queste le linee guida dell’emendamento alla legge di bilancio presentato oggi al Senato dall’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali, un organismo trasversale che raccoglie esponenti di tutte le forze politiche e presieduto dalla deputata di FI Michela Vittoria Brambilla. Le prime firme a sostegno della proposta sono quelle delle senatrici Loredana De Petris, di Leu, e Gabriella Giammanco, di Forza Italia.

Il testo depositato prevede la chiusura definitiva, entro il 30 giugno del prossimo anno, degli allevamenti ancora formalmente attivi nel nostro Paese, che sono una decina e tutti di visoni. Sostanzialmente viene previsto l’immediato divieto di riproduzione per gli animali ancora detenuti. In cambio alle aziende verrebbero erogati indennizzi parametrati sul numero di capi ancora presenti, sul fatturato dell’ultimo ciclo produttivo (una quota del 30% di quanto registrato) e sulle spese sostenute per la demolizione o la riconversione degli impianti. L’emendamento prevede anche l’attivazione di una corsia preferenziale per l’assegnazione di parte dei fondi del Pnnr (si parla di circa 5 milioni di euro, ripartiti in quote fino a 500 mila euro per singolo intervento) destinati all’agrivoltaico e all’agrisolare.

La proposta era stata anticipata lo scorso 16 novembre alla Camera in occasione della presentazione di un’indagine sull’allevamento di visoni in Italia realizzata per conto di Humane Society Italia. «Siamo davanti a un’occasione storica per relegare definitivamente al passato l’allevamento e l’uccisione di animali per produrre pellicce, colletti, pompon e altri capi o accessori frutto di crudeltà, di cui nessuno ha più bisogno e la cui domanda è in costante calo — commenta Martina Pluda, direttrice per l’Italia di Hsi —. Da anni la nostra associazione si batte a livello internazionale per la chiusura di questi allevamenti, documentando ciò che avviene al loro interno, dialogando con gli attori del settore e offrendo soluzioni concrete come quelle contenute nello studio che abbiamo pubblicato, punto di partenza per l’emendamento presentato». Il rapporto contiene un approfondimento sullo stato attuale degli allevamenti di visoni in Italia e sulla loro rilevanza economica e commerciale. La richiesta di chiusura non è legata soltanto a motivazioni etiche, mirate al benessere degli animali, ma anche a considerazioni sulle ripercussioni che queste attività possono avere sull’ambiente e sulla salute umana. In tutta Europa, e anche in Italia, sono stati infatti registrati nei mesi scorsi casi di contagio visoni-esseri umani ed è stato più volte evidenziato il rischio di zoonosi connesso alla contiguità con animali selvatici.

Ma che fine faranno gli animali? Intanto non saranno più fatti riprodurre. Un decreto interministeriale, nelle intenzioni dei promotori, dovrà regolare la cessione degli stessi con obbligo di sterilizzazione. I visoni sono infatti una specie alloctona, cioè non originaria del nostro territorio (provengono dagli Usa), e una loro immissione nell’ambiente, ancorché in riserve o aree protette, potrebbe mettere a rischio la fauna e la flora autoctone. Scartata a priori l’ipotesi di abbattimenti di massa di animali sani, come quelli avvenuti dopo la scoperta dei casi positivi negli allevamenti in diversi Paesi europei, la richiesta è che vengano affidati a strutture autorizzate dal governo, «preferibilmente quelle gestite da associazioni di protezione animale riconosciute».

«Ovunque si parla di transizione ecologica, di svolta ambientalista, di rispetto per la natura e gli animali — fa notare l’on. Brambilla —: sono concetti e principi che presto otterranno un riconoscimento formale anche nella nostra Costituzione. A maggior ragione è impensabile perpetuare la sofferenza di animali nati per correre in libertà, ma costretti ad una vita che non è vita e destinati ad una morte orribile, solo per lucro e vanità. Chiudere definitivamente gli allevamenti di visoni è etico, auspicabile per la salute umana, responsabile nei confronti dell’ambiente e sostanzialmente indifferente per la nostra economia». Sulla stessa linea la senatrice De Petris: «Già 19 Paesi europei hanno posto fine alla vergogna degli allevamenti da animali da pelliccia, da ultimo Irlanda e Francia hanno eliminato così, alla radice, il rischio che questi stabilimenti, potenziali serbatoi del virus SARS-Cov-2, rappresentano per la salute pubblica nel pieno della pandemia. Proprio perché non è finita, e purtroppo ce lo confermano le cronache di tutti i giorni, anche noi in Italia dobbiamo muoverci rapidamente, e senza esitazioni. Le forze politiche siano responsabili e facciano la scelta giusta».

di Alessandro Sala

1 Dicembre 2021

(Fonte CORRIERE DELLA SERA | Animalia)

Foto GettyImmages