Due studi dimostrano la fragilità dell’ecosistema lombardo: “Aree strategiche da difendere”. “L’assenza di neve spinge il fringuello alpino oltre i 2.300 metri”: ennesimo segnale d’allarme
Milano – Si spinge sempre più ad alta quota e in luoghi impervi e isolati, mosso dal cambiamento climatico, con temperature che si alzano e la neve che diventa rara: il fringuello alpino è tra le specie a rischio estinzione. Uno spiraglio per la loro sopravvivenza è offerto dai “rifugi climatici“, che però sono a loro volta minacciati da impianti turistici e infrastrutture. Due studi incrociati, che vedono in prima fila il dipartimento di Scienze e Politiche ambientali dell’università Statale di Milano, inquadrano l’allarme e mappano le aree strategiche, da salvaguardare.
L’ultima indagine genetica su esemplari provenienti da Trentino-Alto Adige e Lombardia è frutto della collaborazione tra Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige, Università Statale, Università di Oulu, Museo delle Scienze di Trento ed Eurac Research: i risultati sono appena stati pubblicati sul Journal of Biogeography . “Il fringuello alpino è un ’termometro’, uno degli indicatori dell’impatto del cambiamento climatico in alta quota”, sottolinea Mattia Brambilla, ricercatore in Ecologia della Statale che da anni studia l’avifauna alpina.
Quali sono le caratteristiche di questa specie?
“A dispetto del nome, non è un fringuello ma un passero. Nelle altre lingue e in latino viene chiamato con nomi che rimandano alla neve. Generalmente si alimenta ai bordi delle chiazze di neve e nelle praterie alpine con erba molto bassa”.
Cosa sta succedendo?
“Con l’aumento delle temperature e la diminuzione delle nevicate a bassa quota, si spinge sempre più in alta montagna. Si riduce quindi lo spazio utile a sua disposizione. È una specie dotata di una mobilità straordinaria, ma tende a riprodursi nella zone dove nasce. Troviamo quindi popolazioni sempre meno numerose e più isolate, che tendono a riprodursi al loro interno. I livelli di in-incrocio sono molto alti: Il 20% degli individui campionati nel nostro studio è nato da genitori imparentati tra loro almeno a livello di cugini di primo grado”.
Quali sono le conseguenze?
“Si conoscono ancora poco, ma la ridotta diversità genetica incide sul loro benessere, li rende più vulnerabili”.
In Lombardia quanti fringuelli alpini vivono oggi?
“Difficili conteggiarli perché si spingono oltre i 2.300 metri, in luoghi spesso impervi e inaccessibili. Ma verosimilmente, facendo una stima grossolana, parliamo di alcune centinaia di coppie. Stiamo cercando di lavorare proprio a un censimento più accurato, per proteggerli”.
Dove li troviamo?
“Fino a 20-30 anni fa si trovavano anche in località sui 1.600 metri. Oggi è quasi impossibile vederli sotto i duemila metri. E sono spinti, come dicevamo, sempre più in alto”.
Che fare quindi?
“In un altro studio internazionale abbiamo individuato dei ’rifugi climatici’, ovvero aree che rimarranno idonee in futuro, a prescindere dal cambiamento climatico, dove potranno trovare riparo fringuelli alpini e altre specie a rischio come pernice bianca, spioncello e sordone. Sono aree cruciali per la conservazione del loro ecosistema”.
Di quanti chilometri quadrati parliamo?
“Circa quindicimila su tutte le Alpi: un 45% di queste aree sono in zone protette, all’interno di parchi o siti Rete Natura 2000, l’altro 55% è da tenere sotto la dovuta attenzione, evitando di restringere ulteriormente lo spazio idoneo a queste specie. Qui dovrebbero essere evitate nuove costruzioni, infrastrutture e impianti”.
Quali sono i rifugi climatici lombardi?
“Il passo dello Stelvio e di Gavia, il massiccio dell’Adamello, la zona di Livigno, qualche area del Massiccio del Bernina e abbiamo rifugi climatici in Alta Valmalenco e Alta Val Masino e tra le cime più alte delle Orobie”.