Con l’apertura della caccia, come ogni anno, si moltiplicano purtroppo gli episodi di bracconaggio ai danni di specie protette. Il ruolo del Cras di Valpredina (Bergamo)
La caccia di pettirossi, scriccioli, peppole, pispole, frosoni, passere scopaiole, è tristemente nota per la preparazione di alcuni piatti della tradizione veneta e lombarda come la «polenta e osei» o lo spiedo bresciano. Otre che essere vietata, è causa di un pericoloso cambiamento dell’ecosistema. Questi e tanti altri volatili, seppure non commestibili, finiscono nelle trappole, uccisi per diletto; ingabbiati o nelle maglie di reti che non fanno distinzioni di razza. Secondo le stime fornire dalla LIPU, la Lega Italiana Protezione Uccelli, ogni anno ne vengono uccisi circa 5 milioni .
L’operazione «Pettirosso»
Così, come è già avvenuto in passato, in questo periodo dell’anno si svolge in alcune province lombarde «l’Operazione Pettirosso» a tutela dell’avifauna migratoria, grazie all’azione anti-bracconaggio condotta dai Carabinieri Forestali della sezione operativa anti bracconaggio e reati in danno agli animali (Soarda), dalle Polizie Provinciali e con il supporto delle Guardie volontarie WWF In questo lavoro, WWF Italia è supportata dal progetto europeo «LIFE SWiPE» che nasce proprio per migliorare il contrasto della criminalità in natura, tramite la collaborazione diretta con magistrati, rappresentanti delle forze dell’ordine, e con quanti hanno un ruolo attivo nelle azioni di investigazione e persecuzione dei reati contro la fauna selvatica.
La norma
La legge 157/1992 stabilisce che «la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale e internazionale». Quindi, gli animali selvatici sono di proprietà dello Stato e non possono essere abbattuti, fatta eccezione solo per le specie indicate, con i mezzi, nei luoghi e nei tempi stabiliti dalla legge, e nel numero massimo consentito per ogni giornata o periodo. A regolamentare la materia è anche la cosiddetta Direttiva Uccelli dell’Unione europea.
Tre azioni per la tutela
« Il piano di contrasto al bracconaggio prevede tre azioni fondamentali— spiega Domenico Aiello, responsabile della tutela giuridica della natura WWF Italia —. La prima è il miglioramento delle norme, per dare alle forze dell’ordine norme che siano efficaci a contrastare il fenomeno in maniera strutturale». La carenza dell’efficacia porta alla reiterazione del reato da parte degli stessi soggetti che vengono più volte sanzionati. «La seconda è approfondire la conoscenza del fenomeno attraverso le banche dati. È importante riuscire anche a scambiare le informazioni che si ottengono sul campo tra i vari organi pubblici. La terza è la vigilanza. Il corpo della polizia provinciale ha subito un fortissimo ridimensionamento con la legge Delrio (Legge 7 aprile 2014, n. 56), che ha portato come conseguenza la perdita di conoscenza di un territorio anche in riferimento alla fauna selvatica , oltre che a una mancanza di vigilanza e presenza sul territorio in termini sia repressivi che preventivi. Un problema, questo, che era stato indicato come una priorità nel 2021 con la conferenza Stato-Regioni ma che non è stato ancora risolto». Il ruolo della polizia provinciale è fondamentale come anche la formazione della magistratura che deve conoscere le ragioni di questo fenomeno e ottimizzare quelle norme, oggi troppo deboli, per rendere giustizia agli sforzi di chi opera sul territorio.
Il Cras di Valpredina
L’area delle prealpi bresciane e bergamasche è indicata tra le più colpite dal fenomeno del bracconaggio di uccelli selvatici, e quello autunnale è il periodo «caldo». Sono uccelli migratori che dalla Scandinavia compiono un lungo viaggio fino ad arrivare anche in Africa. In Valpredina, in provincia di Bergamo, il Centro Recupero Animali Selvatici (C.R.A.S.) del Wwf, si prende cura, grazie ai responsabili Enzo e Matteo Mauri e alle guardie volontarie del Wwf, degli animali selvatici salvati. Il centro, oltre all’accoglienza e alla riabilitazione di questi esemplari (sono circa 3 mila all’anno) raccoglie anche i dati necessari a descrivere il grave impatto di tali crimini sulla biodiversità, collaborando anche in numerose attività di ricerca scientifica legate alla conservazione e alla sanità pubblica. Nel centro — ha raccontato Mauri, responsabile del Cras — la fauna viene controllata, si verifica il codice dell’anello sulla zampa, l’eventuale sua contraffazione, lo stato di salute dell’animale per poi re-immetterlo in natura. Riceviamo anche fauna abbattuta, effettuiamo radiografie per capire e supportare l’attività dei Carabinieri sul territorio», aggiunge.
I «richiami vivi»
La contraffazione degli anelli si riscontra spesso con il sequestro dei «richiami vivi», ovvero uccellini rinchiusi per tutta la vita in una gabbia, collocata in prossimità dell’area di tiro affinché i suoi simili, riconoscendone il canto, si avvicinino e possano essere colpiti facilmente. Gli anelli dovrebbero essere apposti legalmente sin dalla nascita e non successivamente, da adulti, ad animali catturati in natura. Una pratica crudele, anche perché, per spingerli a cantare fuori stagione, «vengono chiusi per mesi al buio per indurli a un cambio del normale ciclo circadiano— ricorda Antonio Delle Monache, coordinatore Guardie WWF Lombardia — vengono così scambiate le stagioni: l’animale uscendo dal buio in autunno viene “ingannato” vedendo la luce e canterà credendo di trovarsi in primavera». In un mondo più digitalizzato il canto degli uccelli viene oggi anche riprodotto attraverso richiami elettroacustici (fonofil) o semplicemente dal cellulare. Una strumentazione illegale per una pratica punita penalmente.
di Emily Capozucca
Foto di Emanuele Quartarone
29 Ottobre 2022
(Fonte IL CORRIERE DELLA SERA)