Il bambino muto, la sindrome di Asperger e il suo cane Fiuto

Questa è la storia di un incontro. Non di uno qualunque ma di uno speciale: di quelli salvavita. I protagonisti hanno rispettivamente due gambe e undici anni, e quattro zampe e otto anni. Due vite difficili, due rispettivi passati di incomprensione e solitudine e la voglia di riscattarsi dal dolore.

Giulio, il bambino “strano”

Giulio (nome di fantasia) ha undici anni. È un bambino diverso, così dicono. Ha due occhi grandi e profondi con le ciglia talmente folte e lunghe che regalano al suo sguardo una profondità magnetica. Ha il naso piccolo e a patata che gli conferisce una dolcezza disarmante, che sembra fare a pugni con il suo essere così austero. Le guance sono rubiconde e hanno due fossette laterali e simmetriche che si manifestano in tutta la loro simpatia quelle rare volte che il suo viso si corruga in una smorfia che ricorda vagamente un sorriso.

Solitamente è un bambino triste.

Giulio, da tutti, viene considerato un bambino strano. È silenzioso, non ama la compagnia, anzi la rifugia. Le maestre, di concerto, dicono alla mamma di farlo visitare da uno specialista perché Giulio è un alunno che non socializza e ha dei comportamenti stereotipati e ripetitivi che non fanno presagire nulla di buono. Giulio ha iniziato a parlare molto tardi e non sempre riesce ad esprimere quello che prova.

Sin da piccolo, il mondo delle parole gli sembrava un luogo misterioso a cui lui non riusciva ad accedere.

Ogni tanto si imbambola rapito da chissà cosa, atteggiamento che fa infuriare la madre e le maestre e che allontana i compagni.

I suoi interessi non sono tanti, ma quei pochi sono per lui il suo tutto. Ama le navi, le macchine e Fiuto, il suo cane.

Tenerlo in classe è sempre stato molto complicato. Non ha pazienza. Non ascolta. Non segue la lezione e nemmeno le regole.

A scuola viene chiamato il bambino muto, il bambino che non guarda, il prepotente, il bambino che parla solo di cani: quello strano.

La vita di Giulio si muove su due binari paralleli: la scuola che è un vero disastro e la casa dove alterna i rimproveri della mamma a momenti di beata solitudine, chiuso in camera sempre in penombra dove può finalmente giocare con le sue navi e le sue macchinine. Sempre in vigile sorveglianza del suo amico a quattro zampe.

Fiuto e l’amore
Un altro abitante silenzioso e solitario della famiglia ha quattro zampe e si chiama Fiuto. Nel suo dna coabitano felicemente tracce di più molossoidi, probabilmente un Rottweiler, forse c’è anche traccia di un Labrador o di qualche altro grosso cane.

La sua stazza è possente, la sua muscolatura poderosa e ricorda la corazza di un’armatura medievale. La forza e la resistenza sono gli elementi centrali del suo temperamento e del suo comportamento in casa.

Fiuto ha un carattere deciso, forse sin troppo, spesso sfiora la testardaggine e fa infuriare la mamma di Giulio. È grosso e potente, non sa cosa sia la fatica e nemmeno il dolore. Ha sin da subito mostrato un attaccamento quasi morboso alla famiglia, ma soprattutto al suo piccolo padrone.

In fondo, conoscendolo meglio, la sua testardaggine e caparbietà non sono mai state delle minacce per la famiglia, ma di sicuro incute timore agli estranei. Il suo carattere, in fondo, è un ossimoro di intemperanza e dolcezza.

Con gli stranieri tende ad essere più riservato e corre il rischio di sembrare aggressivo, ma in fondo non lo è mai stato a meno che non percepisca elementi di pericolo per il suo cucciolo d’uomo: Giulio.

In quel caso digrigna i denti, si fa scuro in viso e si pone in posizione orizzontale davanti al bambino come se volesse diventare il suo muro vivente a quattro zampe.

La famiglia e l’abbandono
I genitori di Giulio non hanno retto lo stress da sindrome di Asperger e il padre, in fuga, ha lasciato la casa e in fondo anche il figlio. Questo evento ha destabilizzato Giulio che si è chiuso sempre di più nei suoi rituali rassicuranti, ossessivi e difensivi. Anche Fiuto ha risentito di questo cambiamento in casa, e anche lui, a suo modo, ha iniziato a protestare.

Fiuto non immaginava di dover ricoprire un ruolo così importante che, nel suo immaginario, era quello di capo branco: custode dell’abbandono e dalla famiglia.

La diagnosi
All’età di sei anni, dopo pellegrinaggi vari e le infinite angosce dei genitori, al piccolo Giulio viene diagnosticata la sindrome di Asperger.

Una sindrome complessa e sfaccettata che dà un nome e un cognome alle sue stranezze; che spiega il suo fastidio per la luce e i rumori, e i compagni rumorosi, la sua difficoltà per la comunicazione delle emozioni e la decodifica di quelle altrui, la sua passione sfrenata per le macchinine e le navi e i suoi bronci e silenzi. Tutto d’un tratto il buio si fa luce per diventare ancora una volta buio. Dopo la diagnosi la strada è impervia e sapere cos’ha Giulio non aiuta la madre a guarirlo.

Rimane sempre un bambino oppositivo, che non ama la terapia occupazionale che gli viene prescritta, la psicomotricità e nemmeno la logopedia e la logopedista. Si oppone e diventa il solito bambino muto dagli occhi bassi e tristi.

La terapia
Giulio e Fiuto, in fondo, hanno tante cose in comune. Non amano la confusione, sono solitari. Non amano i rumori, le novità all’improvviso e sono molto abitudinari. Amano i rituali, i loro giochi, la mamma, le merende, la loro stanza, e soprattutto si amano l’un l’altro. Profondamente.

Si amano di quell’amore che non ha bisogno di parole, di prove, di dimostrazioni, di spiegazioni.

Fiuto è sempre stato un molosso atipico, in realtà, soprattutto in casa, sembra un segugio: la sua attività principale è seguire Giulio.

Giulio è un bambino atipico: non sopporta gli altri bambini, anche perché non lo comprendono, e ama profondamente il suo cane, che in fondo gli somiglia molto. 

La terapia di Giulio è sempre stata molto faticosa: stentava a fare logopedia, diventava nervoso e non collaborava quasi mai. Si adombrava in viso soprattutto quando era in prossimità dello studio della logopedista. Dalla penultima curva iniziava ad agitarsi per più chiudersi nel suo solito mutismo. La mamma non aveva più strumenti e nemmeno energie, era una donna molto provata dalla vita e dal suo Giulio.

Le cose cambiarono quando, una volta, per puro caso – perché dopo la terapia di Giulio sarebbero dovuti andare dal veterinario per il richiamo annuo del vaccino del loro cane – Fiuto ha dovuto accompagnare Giulio dalla logopedista. La mamma di Giulio si accorse subito che il bambino era diverso: più sereno, meno preoccupato, più luminoso, e la solita penultima curva era passata inosservata.

Così, timidamente, chiese alla logopedista se per caso gli era consentito far entrare il cane nella stanza di terapia. La ragazza acconsentì subito pur di tentare di lavorare con Giulio.

E fu subito magia. Il bambino era chiaramente più sereno, meno oppositivo e tenebroso, e Fiuto, orgoglioso del suo nuovo ruolo di co-terapeuta e di valido scudiero, stava zitto e buono seduto accanto al suo piccolo grande amore.

Da quella volta Fiuto fu insignito di un nuovo ruolo: aiuto logopedista e aiuto psicomotricista.

Anche Fiuto mostrava segni di cambiamento. Questo suo nuovo ruolo ha addolcito il suo carattere e ha smussato le sue asperità. Le sedute hanno fatto bene al bambino a al dolcissimo e ombroso quattrozampe.

La terapia per Giulio si chiama Fiuto, ha quattro zampe e un cuore grande e possente. E continua tutti gli istanti della sua, loro vita insieme.

Ringrazio la mamma di Giulio, mia paziente, per avermi autorizzata a raccontare questa meraviglia storia d’amore.

di Valeria Randone 

20 Settembre 2022

(Fonte LA STAMPA|LaZampa.it)