In Turchia il presidente Recep Tayyip Erdoğan sembra aver dichiarato guerra ai cani randagi. Proprio in quella Turchia dove i quattrozampe, sia cani che gatti, sono spesso tollerati, sterilizzati e non creano problemi di convivenza. Ma allora che cosa è successo? Nel suo discorso del 25 dicembre il presidente turco ha ordinato ai Comuni di rimuovere i randagi dalle strade della città e rinchiuderli nei rifugi e canili locali. E a scatenare questa decisione ci sarebbe stato un caso di cronaca avvenuto nella provincia sudorientale di Antep: due Pit Bull hanno attaccato Asiye Ateş, una bambina di 4 anni, provocandole gravissime ferite al cuoio capelluto, ai nervi del viso e ad altre parti del corpo. La piccola rischia di perdere l’udito e di avere una paralisi facciale. Sfortunatamente, Asiye non è stata l’unica vittima: tre bambini sono stati feriti dai Pit Bull durante il fine settimana a Istanbul e nella provincia occidentale di Denizli.
Nonostante i Pit Bull non fossero randagi, Erdoğan ha usato l’incidente per prendere una decisione: «Considero un servizio importante allontanare gli animali randagi dalle strade e spostarli in ambienti puliti e sicuri. Invito tutti i nostri comuni a prendere rapidamente provvedimenti per garantire la sicurezza dei nostri cittadini e proteggere queste vite» si legge in un suo tweet scritto nel giorno di Natale.
Ma dopo quel messaggio molti animalisti locali hanno iniziato a protestare sia perché non considerano rinchiudere i cani in rifugi una soluzione al randagismo, sia perché in molti denunciano le condizioni in cui queste strutture versano: di fatto è una condanna a morte per tutti questi cani.
La Hayvan Hakları Federasyonu (Haytap), la principale organizzazione turca per i diritti degli animali, in una dichiarazione scritta ha affermato di essere d’accordo con l’idea di tenere sotto controllo i cani randagi, ma ha affermato che dovrebbero essere lasciati liberi dopo la sterilizzazione invece di essere rinchiusi in rifugi per animali «simili a una prigione». Secondo la legge, ricordano gli animalisti, i Comuni sono obbligati a riportare gli animali dove li hanno presi dopo aver dato loro le cure necessarie o dopo averli sterilizzati. Gli animali randagi possono essere tenuti solo temporaneamente nei rifugi, dice la legge.
L’Haytap inoltre ha anche invitato le autorità a fermare la vendita di razze pericolose nei negozi di animali e online e ritiene che chi li addestra per essere così aggressivi deve ricevere la condanna più pesante: l’accusa di tentato omicidio.
L’avvocato Hacer Gizem Karataş, del Comitato di monitoraggio dei diritti degli animali, ricorda che la dichiarazione di Erdoğan è contraria all’«Articolo 6 della legge sulla protezione degli animali» e sottolinea come non esistano rifugi in grado di ospitare così tanti cani: dare quel tipo di ordine significa condannarli a morte. Anche Karatas ricorda che nelle tragedie come quella della bimba di quattro anni la responsabilità è quasi sempre dell’uomo: «Per molto tempo, si è cercato di creare una percezione sui cani che vivono per strada. Riguardo a questo problema, non vengono mai poste domande come chi sia il principale responsabile o quale sia la soluzione perché non è nell’interesse delle istituzioni pubbliche. Ci sono situazioni in cui vengono date punizioni insufficienti per chi ha ucciso o torturato cani. Ignorando l’influenza dell’uomo sui cani, gli animali vengono dichiarati automaticamente colpevoli – spiega l’avvocato a birgun.net -. Questi animali sono tenuti da persone solo perché i loro muscoli della mascella sono forti. E sin da cuccioli vengono addestrati alla brutalità picchiandoli, affamandoli, spingendoli a farsi a pezzi l’un l’altro. Anche per questo abbiamo ripetutamente chiesto che gli animali resi aggressivi in questo modo fossero riabilitati».
Il tema dei cani randagi era già finito nel mirino dei sostenitori vicini a Erdogan: Mine Vural, attivista per i diritti degli animali e principale sfidante del sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu, nell’ottobre scorso aveva evidenziato la storia di Boji un cane randagio divenuto una star dei social media perché amico dei pendolari a cui teneva compagnia su treni, traghetti e metropolitane. Un mese dopo gli account dei social media associati agli attivisti pro-Erdogan hanno iniziato a pubblicare foto di presunti escrementi di cani su un tram di Istanbul, accusando Boji di esserne responsabile. Ma poi sono emerse le riprese delle telecamere di sicurezza che mostrano un uomo che lasciava gli escrementi proprio su quei mezzi creando prove false.
La Turchia sta anche affrontando la più grave crisi economica degli ultimi due decenni, con la valuta che è scesa ai minimi storici e l’inflazione sopra il 25%, drenando i risparmi dei turchi. Alcuni oppositori hanno accusato il presidente di usare i cani per distrarsi dai suoi altri problemi. Una scelta molto rischiosa visto che i turchi, indipendentemente dallo schieramento politico o il livello culturale, adorano i gatti e i cani randagi: basti pensare al caso di Tombili, il gatto che amava starsene coricato appoggiato a un marciapiede e in quella posizione è stato immortalato in una statua realizzata dopo la sua morte.
di Fulvio Cerutti
03 Gennaio 2022
(Fonte LA STAMPA| LaZampa.it)