IL CASO
Il nobile aveva ottenuto una deroga al divieto di caccia per liberare una cittadina da un animale impudente e ne avrebbe approfittato per portare a casa un trofeo. Il ministero dell’Ambiente ha aperto un’inchiesta.
Improbabile uno scambio di persona. Anzi, di orso. Chi ha sparato ad Arthur, 17 anni, sovrano delle foreste dei Carpazi, puntava proprio alla preda più prestigiosa: il simbolo dei seimila orsi della Romania, il più grande esemplare maschio del paese e forse dell’Unione Europea, il più diffidente e il più difficile da stanare, il meno interessato al genere umano e ai suoi avanzi di cibo. Il «re Leonzio» dell’est.
Anche l’indiziato numero 1 del delitto ha un titolo nobiliare. Il principe Emanuel von und zu Liechtenstein, medico di professione, aveva ottenuto in marzo dal governo rumeno una deroga al divieto di caccia per portare a termine una missione precisa: liberare la cittadina di Odjula, nella contea di Covasna, in Transilvania, e i suoi 3.500 abitanti dalle scorribande di un’orsa impudente, della quale non è noto il nome e per la quale era stata sospesa la tutela riconosciuta ai grandi carnivori dalla normativa europea.
«Impossibile confondere una femmina di orso, che entra a far danni in un villaggio, con il maschio più grande in vita, che viveva nelle profondità della foresta» non concede il beneficio del dubbio all’orsicida Gabriel Paun, presidente di una delle più importanti ong ambientaliste rumene, Agent Green. «Il principe non è venuto per risolvere il problema della gente del posto ma per portarsi a casa il trofeo più grosso» è convinto Paun, che monitorava da nove anni gli spostamenti remoti di Arthur.
A casa, o meglio nel suo castello austriaco in Stiria, a est di Graz, da dove respinge le richieste di chiarimenti, l’accoglienza tributata al principale sospettato non è stata trionfale né solidale. Benché bandita anche in Romania dal 2016, la caccia ai trofei prevede tacche e punteggi: Arthur, nella classifica dei bracconieri, era un obiettivo «golden» da 592 punti su un massimo di 600. Un bersaglio valutato ventimila euro. Per Anne-Kathrin Freude dell’ONG austriaca VGT, dunque, nessun errore: il grande orso è stato freddato deliberatamente. «I trofei devono essere messi fuori legge ovunque, senza eccezioni. È una vergogna per l’Austria che il principe Emanuel abbia approfittato della deroga per uccidere questo magnifico orso».
Il governo rumeno adesso fa la voce grossa, promette di accertare le responsabilità, parla di un evidente caso di «bracconaggio». Ta’nczos Barna, il ministro per l’Ambiente, assicura che le indagini sono in corso, ma non può negare il permesso accordato dalle autorità al nobile cacciatore, rientrato intanto nei possedimenti in Austria della famiglia, trincerata dietro il «no comment». Il documento è stato mostrato al telegiornale rumeno, Digi 24, e pubblicato dall’agenzia Associated Press. Mentre mancano all’appello altre carte, come la notifica dell’uccisione di Arthur che l’agenzia locale per l’ambiente avrebbe dovuto inviare alla Guardia forestale nazionale.
Non soltanto la Romania rimpiange il suo gigantesco orso bruno. Dall’Italia protesta Annamaria Procacci, consigliera nazionale dell’ENPA (Ente nazionale protezione animali): «Bene che ci sia una sollevazione europea. Senza dimenticare che in passato anche molti italiani andavano a caccia di trofei in Romania. Mi aspetto interrogazioni parlamentari sull’accaduto. E poi era davvero necessario l’ordine di uccidere l’esemplare femmina? Le deroghe dovrebbero essere concesse solo in casi particolarissimi e affidate a personale dello Stato, non mercificate per safari privati. Gli orsi si avvicinano ai centri abitati perché attirati dai rifiuti che la gente abbandona fuori dai cassonetti, ma è un problema che si può risolvere. Come sosteniamo nella nostra battaglia legale in difesa dell’orsa quattordicenne JJ4 e dei suoi cuccioli, in Trentino, la coesistenza è possibile, al di là delle ostilità e degli allarmismi».
di Elisabetta Rosaspina
7 Maggio 2021
(Fonte CORRIERE DELLA SERA | Esteri)