STATI UNITI
Un video svela il safari segreto (e crudele) di Wayne Lapierre, boss della National Rifle Association. In Botswana con la moglie spara contro un pachiderma agonizzante
Oltre alle stragi di massa, la caccia massiccia agli elefanti. Wayne Lapierre, boss della Nra (National Rifle Association), ha davvero un problema con le armi. Dall’America all’Africa. Sia che parli dei massacri nelle scuole Usa, sia che spari contro un pachiderma già agonizzante, Lapierre suscita sentimenti sgradevoli. Dopo l’ennesima sparatoria alla Stoneman High School in Florida nel 2018, il capo della storica lobby pro-armi accusò le famiglie, il sistema sanitario, l’FBI, i socialisti europei. Tutti, tranne coloro che difendono la diffusione delle armi: «Per fermare un uomo cattivo e armato ci vuole un altro uomo armato, ma bravo». Ecco, per la reputazione di personaggio di questo livello, a capo di un’organizzazione che i magistrati di New York vogliono smantellare per uso improprio di fondi, ci mancava soltanto lo scandalo della caccia grossa in Botswana. Una storia capace da una parte di scatenare gli animalisti, e dall’altra di ridicolizzare il leader con il grosso fucile presso il pubblico dei suoi fans più sfegatati.
Il safari
Il «video segreto» del safari ribaldo è uscito in questi giorni (i primi a pubblicarlo sono stati il New Yorker e The Trace). Lapierre e la moglie sono ripresi in Africa, nel Paese rifugio degli elefanti. Le immagini risalgono al 2013, quando la caccia in Botswana non era ancora proibita. Il macho della Nra spara da lontano a un elefante, circondato dai cacciatori professionisti che lo accompagnano. Lapierre si avvicina al gigante ferito. Le guide gli mostrano dove colpire per finirlo. Ma il campione delle armi facili proprio non ce la fa. Ci prova ripetutamente. Si mostra infastidito. «Insomma, dov’è che devo sparare?». Al terzo tentativo fallito, un certo Tony Makris, responsabile della serie tv «Under Wild Skies» sponsorizzata dalla Nra, si incarica di ammazzare l’elefante quasi morto. Dopo il colpo, si gira per congratularsi con il boss. Meglio di Lapierre fa la moglie Susan, che uccide il «suo» elefante prima di tagliargli la coda e sventolarlo in aria al grido di: «Vittoria».
Piccolo uomo
Ingrid Newkirk, presidente del gruppo animalista Peta, ha condannato l’episodio e chiesto al Congresso di tagliare i fondi all’Associazione degli armaioli. «Dietro quell’aria da macho alla guida della Nra ci sono piccoli uomini spaventati capaci di pagare decine di migliaia di dollari per poter sparare agli elefanti a bruciapelo». Senza neppure riuscire a ucciderli, prolungando la loro agonia.
Naturalmente la Nra e il suo presidente difendono il video e il diritto alla caccia grossa, di cui secondo loro «beneficiano le comunità locali». È una bolsa storia senza fondamento, così come la favola secondo cui per combattere le stragi ci vogliono più uomini buoni che imbracciano la mitraglietta. In Africa gli elefanti sono sempre più una specie a rischio. Il disinteresse per la loro sopravvivenza, la modalità con cui vengono uccisi da piccoli uomini che si credono Hemingway o cacciatori del Kalahari, hanno davvero qualcosa a che fare con il disinteresse per il destino delle persone nel Paese delle armi facili. La Nra ha dichiarato bancarotta, ha la magistratura alle costole e un presidente non più amico alla Casa Bianca. Non è più tempo, speriamo, da una parte all’altra dell’oceano, di sparare tesi assurde e sventolare una coda gridando «vittoria».
di Michele Farina
29 Aprile 2021
(Fonte IL CORRIERE DELLA SERA | Animalia)