Sono cambiato e sto con i lupi

 

Sono pronto. Già so con chi mi schiererò nella guerra che gli umani prepotenti, con i cestini pieni di finferli e porcini, scateneranno quest’estate contro i lupi che popolano i boschi: dalla parte del lupo. Una decina d’anni fa avrei detto: sto con gli umani prepotenti.

 

 

Perché noi umani vantiamo una superiorità che i non umani non possono che subire. Cosa è cambiato in me? C’è qualcosa nello spirito collettivo della contemporaneità che ha modificato così in profondità il mio rapporto con l’animale, il non umano? Ma intanto: quando vedo le immagini dei tori che a Pamplona incornano impazziti di rabbia e di paura qualche virgulto del branco umano che fa il gradasso mille contro uno, dentro di me cresce un potente moto di solidarietà con il fiero animale. E il povero torero non riesce a cavarsela illeso mentre ficca le banderillas nelle carni del toro in una corrida dall’esito scontato che tanto piaceva a Hemingway? Ben gli sta, sussurra dentro di me il neo-fanatico oramai vittima della subdola predicazione animalista. Che mi è successo ? Sono solo io ad essere cambiato così? Forse è la vecchiaia che incalza implacabile e mi fa languido e piagnucoloso, forse è l’influenza di mia figlia che ama i cavali di un amore sconfinato, forse è lo sguardo tenero e intelligente del mio bassotto Enzo? Comunque è un cambiamento troppo radicale, che vedo condiviso da molte persone che più o meno come me in una manciata d’anni hanno ribaltato la gerarchia dei loro impulsi nell’eterna dialettica uomo-animale. Qualche anno fa sulla Rambla di Barcellona mi piaceva sentir squittire gli uccellini che affollavano le gabbie esposte presso i chioschi attira-turisti. Oggi quei pappagallini multicolori mi fanno una pena estrema, ammassati dentro uno spazio angusto e claustrofobico. Oggi son preso da un moto di disgusto quando leggo le pagine di Serotonina di Michel Houellebecq dedicate alla crudeltà con cui vengono trattati gli animali negli allevamenti intensivi del nord della Francia. E quello che mangio, che ingurgito, che assimilo che posto ha nella mia sensibilità e nella mia coscienza così geneticamente modificata? Non potrei essere vegetariano, perché rinunciare al gusto del ragù rappresenterebbe per me un colpo inferto ai (pochi) piaceri della vita. Ma se vedo una bistecca sanguinolenta percepisco l’affiorare di un fastidio che potrebbe trasformarsi rapidamente in repulsione. Lo so, è pura ipocrisia: il ragù è carne talmente lavorata ed elaborata che la sua origine carnale. Viene quasi occultata, mentre la bistecca dice subito che cos’è, da dove viene, qual è stato il suo percorso cruento, che tagli ha subito. Ma l’ipocrisia è uno dei lubrificanti della vita individuale e sociale. Dunque, il mio cambiamento potrebbe essere solo un cosa che riguarda me, un fatto puramente individuale, un’ossessione puramente privata. Una frontiera della sensibilità sociale verso gli animali è stata varcata: oggi è diventata convinzione sempre più diffusa che gli animali godano di diritti fondamentali che non possono essere violati impunemente. Prima non era così. Oggi è diverso, e mi sento in buona compagnia.

 

Ossessioni – di Pierluigi Battista

 

(Fonte 7 inserto Corriere della sera)