Il «domino» dell’estinzione delle specie: insetti spariti entro 100 anni
Stanno scomparendo a una velocità 8 volte superiore ai mammiferi. Un nuovo “diluvio universale” all’orizzonte: la reazione a catena sull’uomo e gli altri animali
A qualcuno potrà sembrare anche una buona notizia, in realtà è una tragedia. Al ritmo a cui procedono i cambiamenti climatici, secondo l’importante ed elaborata ricerca pubblicata sulla rivista Biological Conservation dagli scienziati dell’Università di Sydney, da qui a 100 anni tutti gli insetti potrebbero diventare un ricordo. La Terra, secondo un altro recente studio della National Academy of Science americana, è attualmente nel pieno della sesta “ondata” di estinzione di massa della sua storia: un fenomeno ciclico, come le glaciazioni a livello fisico e i movimenti migratori a quello sociale. Una sorta di ricambio di pelle del pianeta, solo che questo potrebbe essere l’ultimo. L’analisi abbandona gli usuali sobri toni accademici, per parlare senza mezzi termini di «annientamento biologico» e «spaventoso assalto ai fondamenti della civiltà umana».
«Sonnambuli sulla scogliera»
Gli effetti sono già visibili sui grandi animali, più facilmente osservabili: secondo il WWF dal 1970 a oggi l’uomo ha spazzato via il 60% della fauna selvatica, l’equivalente di miliardi di esemplari (una volta) anche comuni: «Siamo sonnambuli sul bordo di una scogliera» dice Mike Barrett, direttore esecutivo dell’associazione ambientalista. E’ come se, per lo sfruttamento indiscriminato delle risorse, avessimo svuotato tre continenti interi. In una parola: ci stiamo suicidando, e neanche troppo lentamente. Ma gli insetti sono incomparabilmente più dei vertebrati. Per questo la notizia della loro estinzione colpisce: basti pensare che, messi tutti insieme su una bilancia, pesano 17 volte gli esseri umani. E meno male che i 7 miliardi e mezzo di nostri rappresentanti costituiscono ancora solo lo 0,01% degli esseri viventi: da quando siamo comparsi, siamo riusciti a distruggere l’83% dei mammiferi selvatici e il 50% delle piante attorno a noi. Se potessimo scomporre il tempo della Terra in 24 ore, l’uomo è venuto al mondo praticamente a 5 minuti dalla mezzanotte: senza di noi, chissà, magari il pianeta sarebbe arrivato a mezzanotte e mezza.
Le farfalle le più a rischio
Ebbene, gli abitanti più a rischio del nuovo “diluvio universale” sono proprio i più piccoli del pianeta, a cui dichiariamo guerra ogni giorno in campagna e in città. Il tasso di estinzione degli insetti è 8 volte più veloce di quello di mammiferi, uccelli e rettili. La loro massa sulla superficie terrestre diminuisce del 2,5% l’anno: il declino della popolazione mondiale riguarda attualmente il 40% della miriade di specie ma, per una reazione a catena, ad andarsene non saranno soltanto loro. Non staremo qui a ricordare il ruolo insostituibile nell’ecosistema e nella biodiversità del ciclo della vita. Non c’è bisogno di ricorrere all’alert degli esperti, basta rivangare le conoscenze delle elementari per rammentare come gli insetti trasportino pollini, puliscano vegetazione e animali e costituiscano cibo per altri insetti e animali, dai pesci ai volatili agli anfibi. Una funzione decisiva all’interno dell’equilibrio della natura: se se ne vanno loro, per un inarrestabile effetto a cascata, ce ne andiamo tutti. Farfalle e falene le più a rischio; seguite da api, blatte e coleotteri. Germania e Porto Rico – i due paesi più colpiti, per differenti cause – hanno già intrapreso una lungimirante opera di ripopolamento. Le cause sono arcinote: agricoltura intensiva su scala industriale, utilizzo di pesticidi (che, tra l’altro, sterilizzano il suolo uccidendo le larve), cementificazione e deforestazione.
Una discesa inarrestabile?
Ma l’opinione pubblica e i governi delle grandi potenze stentano ancora a rendersi conto dell’apocalissse che ci stiamo cucendo addosso. Inquinamento globale ed estinzione si rinforzano in un grande circolo vizioso, a cominciare dai banali spray che spruzziamo contro zanzare, cimici e afidi o le polveri che spargiamo contro formiche e locuste. Anche questi finiscono nell’aria e nella terra, contribuendo i primi a stressare l’atmosfera e i secondi ad avvelenare falde e campi. Nuovi prodotti chimici, escogitati più rapidamente della capacità dell’ambiente di addattarvisi: per ovviare ai problemi creati da noi stessi, ne creiamo ancora di più gravi. «Se non fermiamo la moria di insetti andremo incontro a conseguenze catastrofiche per la nostra stessa esistenza» avverte il prof. Francisco Sánchez-Bayo, relatore dello studio. Fa eco Dave Goulson, dell’università britannica del Sussex: «Sono il cuore di ogni rete alimentare, controllano i parassiti e molto altro ancora. Amateli o detestali, noi umani non possiamo sopravvivere senza». E cita l’esempio di una famiglia di amici rimasta in panne durante un viaggio: non avevano mai aperto il cofano dell’auto e l’hanno trovato stracolmo di insetti morti, tanti da ingolfare il motore e mandare in tilt l’impianto elettrico. E’ sempre più urgente stravolgere completamente le nostre comodità e abitudini di vita, se vogliamo che la vita continui. Faremo in tempo a invertire la tendenza?