Addestrati per aiutarci o salvarci la vita, non tradiscono mai
Recuperano gli sciatori travolti dalle valanghe, donano affetto ai malati in ospedale, guidano i non vedenti per le strade. Merito di lunghi addestramenti, ma soprattutto di un rapporto fortissimo che li lega a noi umani. Del resto lavoriamo assieme da 14mila anni.
Può una Gattara dichiarata innamorarsi perdutamente dei cani? È successo alla giornalista Manuela Porta dopo una lunga esperienza passata a vederli schierati in prima linea con i loro proprietari o con gli operatori di onlus e associazioni che li affiancano per aiutarci a star meglio e salvarci la vita. Le loro gesta le leggiamo nel suo Ciotole d’amore (prefazione dell’etologo Roberto Marchesini) insieme ad una guida per instaurare una convivenza felice.
Come nasce l’idea del libro?
“Dall’Amore con la “A” maiuscola. L’ho provato quando ho iniziato a frequentare Frida’s Friends, una Onlus in cui i cani sono al servizio della Pet Therapy. Poi mi sono addentrata nella Scuola Italiana Cani Salvataggio, nel servizio Cani Guida dei Lions e Ausili per la mobilità dei non vedenti di Limbiate (Mi). Un viaggio che mi ha illuminato sul valore immenso di questi animali”.
Ci può spiegare il suo vissuto?
“ho raccolto storie strappalacrime, visto situazioni che mi hanno emozionata, dove il fare del bene è il sentire comune. Tutte le organizzazioni che ho passato in rassegna sono formate da persone che rinunciano a fette della loro vita per gli altri, senza avere nulla in cambio. I soccorritori alpini del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico, per esempio, intraprendono missioni spesso anche pericolosissime con i loro cani, come il ritrovamento sotto le valanghe: una sveglia che suona spesso di notte o all’alba, e insieme scappano da casa veloci, perché il tempo è vitale, prezioso, per chi è in fin di vita. L’amore per gli altri li spinge, da loro la forza, ma nulla accadrebbe senza i loro amici a quattro zampe. E’ solo agendo in simbiosi che l’intervento si risolve in vittoria”.
Cosa riescono a fare i nostri amici a quattro zampe?
“Oltre a scovare le vittime di una valanga, come dicevo prima, mettono in salvo i naufraghi, individuano i sopravvissuti di un terremoto, fiutano malattie, mitigano la sofferenza degli ammalati. Tutto questo può avvenire grazie alla loro generosa indole e al legame che instaurano appunto con chi li conduce. Perché se non c’è emulazione tra uomo e animale, comunicazione e rispetto, empatia tra loro, questi interventi non vanno a buon fine”.
Dietro a queste organizzazioni ci deve essere un lavoro immenso o sbaglio?
“Certo. Basti pensare che la spesa della formazione di un cane per i non vedenti ammonta a 25mila euro. Occorrono due anni di addestramento, tra operatori specializzati e famiglie, definite puppy walker, persone che si offrono per preparare il cane alla vita quotidiana per poi affidarlo al non vedente assegnato”.
Come fa a nascere quest’alchimia?
“Chi ha un cane sa che dal suo sguardo trapela un sentimento senza fine. Lo sostiene anche un nuovo studio condotto dai biologi dell’Azabu University, in Giappone, da cui è scaturito che il prolungato contatto visivo aumenta il livello di ossitocina, ormone della felicità responsabile del rafforzamento dell’amore anche tra mamma e neonato, nel cervello di entrambi. C’è poco da fare, i nostri amici pelosi ci infondono benessere e gongolano quando ci rendono felici”.
Che tipo di relazione è?
“In sostanza è un confronto continuo dove si dà e riceve sostegno, gioia, vicendevolmente. Si, un rapporto di simbiosi, definito in inglese reciprocal mind reading. Vale a dire una capacità di comprendere e modificare gli stati emotivi l’uno dell’altro. I cani, d’altronde, sanno leggere le nostre espressioni, ascoltano il tono della nostra voce e ricordano tutto, pur in assenza di un linguaggio comune. Sono fenomenali”.
Come mai sono così duttili e bravi ad apprendere?
“Perché sono da sempre gli animali più vicini a noi. Ci stanno seguendo nella nostra evoluzione da 14mila anni. Hanno sviluppato abilità sorprendenti, dimenticando persino la loro natura selvatica. Va ricordato che l’uomo passava giornate intere di duro lavoro col cane, che lo seguiva ovunque. Tanto che gli Egizi lo consideravano un animale sacro e lo portavano con loro oltre la vita. Quindi ha imparato a apprendere dall’uomo. E quando sbaglia, la colpa è quasi sempre dell’essere imano che ha comunicato male”.
Cosa hanno di così eroico oltre al fatto che possono salvarci la vita?
“Il coraggio! Ma a loro viene naturale quando sanno che stanno facendo una cosa bella per l’essere umano con cui vivono e con cui sembra abbiano stretto un patto di sangue. E’ vero, salgono sugli elicotteri, sulle seggiovie, si gettano in acqua. Ma non è che siano nati per fare questo”.
Ci racconta il caso più toccante a cui ha assistito?
“Mi è capitato alla Casa Pediatrica dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano, quando ho trovato in reparto una bambina tetraplegica, non vedente, si muoveva in maniera strana sulla sua carrozzina, aspettando il suo turno di Pet Therapy offerto da Frida’s Friends Onlus. Immaginavo il momento dell’incontro col cane difficile e che suscitasse timore nella bimba. Al contrario quando Nina, una bellissima Golden retriever, le si è avvicinata, la piccola si è tranquillizzata e quando l’operatrice le ha posto la testolina sulle ginocchia, si è placata completamente. Poi ho saputo che i genitori, una volta tornati a casa, le hanno preso un cane, perché avevano capito che le avrebbe cambiato la vita”.
Cosa succede quando si coccola un animale?
“Stempera la tensione e l’ansia, riduce la pressione arteriosa e fa aumentare la produzione di endorfine, gli oppiacei naturali che danno una sensazione di benessere. Lo dicono le ricerche. Dati tecnici rilevati su 300 bambini in fase di prelievo del sangue hanno provato, inoltre, che il solo far salire il cane sul lettino dei piccoli pazienti, con il conseguente contatto, li abbia aiutati ad affrontare la paura”.
Come metterà a frutto questa esperienza?
“Mi sono ricreduta, prenderò un cane. Non l’ho mai voluto malgrado le mille richieste dei miei tre figli, perché lo ritenevo un ulteriore impegno, oltre a famiglia e lavoro. Ma tanta è la gioia che trasmettono che annullerà qualsiasi fatica. Poi, lo so già, me lo dovrò curare io. Fa niente, sarò una futura anziana felice”.
di Barbara Majnoni
(Fonte settimanale F n. 50/dicembre 2018)