Teologia. Lintner: pure cani e gatti fanno parte del piano della salvezza voluto da Dio

Intervista al teologo servita, che richiama sant’Agostino e spiega che gli animali vanno rispettati come esseri senzienti. Hanno un “soffio divino”

Anche gli animali fanno parte del piano della salvezza, anche loro riflettono un raggio dell’infinita sapienza e bontà di Dio e assumono un’importanza fondamentale dal punto di vista sociale e terapeutico. Giusto quindi amarli e rispettarli. Lo spiega padre Martin M. Lintner, servita, docente di etica teologica a Bressanone, già presidente dell’Associazione internazionale di teologia morale.

Papa Francesco ci dice che gli animali non devono essere messi sullo stesso piano dei figli. Senz’altro corretto. Ma la nuova sensibilità etica nei confronti di un’ecologia integrale che si è sviluppata anche in seguito a documenti come la “Laudato si’” non ci imporrebbe di guardare agli animali domestici che vivono nelle nostre famiglie come a esseri sensibili, meritevoli di rispetto e di considerazione?

Nella “Laudato si’” il Papa scrive che tutte le creature, «volute nel loro proprio essere, riflettono, ognuna a suo modo, un raggio dell’infinita sapienza e bontà di Dio. Per questo l’uomo deve rispettare la bontà propria di ogni creatura» (nr. 69). Dobbiamo trattare gli animali domestici secondo le loro capacità e proprietà specie-specifiche e quindi come esseri sensibili che hanno bisogni particolare che devono essere rispettati. Sant’Agostino ha distinto quattro tipi di amore: l’amore per Dio, che è sopra di noi, l’amore per noi stessi, l’amore per coloro che ci stanno accanto e l’amore per le cose inferiori a noi. È significativo che Agostino parli chiaramente di amore nei confronti degli animali. Mentre, secondo lui, solo Dio merita di essere amato per se stesso, l’amore per gli uomini e per gli animali ha come fine ultimo Dio. Questo è un pensiero interessante perché significa che anche volendo bene ad un animale ci possiamo orientare verso Dio e sperimentare qualcosa della grandezza di Dio.

Su quali fondamenti biblici si fonda questa rinnovata sensibilità etica verso gli animali?

Soprattutto su una lettura attenta dei due racconti della creazione in Gen 1 e 2. Anche se c’é una differenza tra la specie umana e quelle animali, i racconti sottolineano che tra tutti gli esseri viventi esiste una comunione profonda. Ciò che ci unisce è più forte di ciò che ci distingue. Anche l’interpretazione del versetto che impone di soggiogare la terra e dominare sugli animali (Gen 1,28), modulata sulla base di una rinnovata sensibilità per la terminologia ebraica, fa emergere un’immagine dell’uomo che prima di tutto deve coltivare la terra come casa comune di vita per tutte le creature e, in particolare, prendersi cura anche degli animali. Un altro aspetto importante è che gli animali non fanno parte solo dell’ordine della creazione, ma sono inclusi anche nella storia di salvezza: dopo il diluvio Dio stabilisce la sua alleanza con tutti gli animali della terra (Gen 9,10). Anche l’evento salvifico di Cristo include tutta la creazione e quindi gli animali.

Alla luce di questi considerazioni possiamo dire che la scelta di vivere con gli animali domestici è “cosa buona” anche dal punto di vista della teologia cristiana?

Il psicologo Erich Fromm ha parlato di “biofilia”, cioè di una tendenza umana naturale di stabilire relazioni non solo con altri esseri umani, ma anche con animali, semplicemente per amore verso gli esseri viventi. Anche il biologo americano Edward O. Wilson, morto poche settimana fa, ha parlato di “biofilia” come conseguenza dello sviluppo evolutivo. Lungo il processo dell’evoluzione della specie umana, i nostri antenati hanno dovuto osservare bene il loro ambiente naturale e saper interpretare il comportamento degli animali, già migliaia di anni prima della domesticazione di alcune specie. Da questo, secondo Wilson, deriva un particolare interesse per gli animali. Inoltre gli animali sono compagni che possono svolgere un ruolo importante sia sociale che terapeutico per persone singole e anche per famiglie. Per molte persone la relazione con un animale si traduce nell’esperienza di potersi prendere cura di un essere vivente e di sentirsi accettati in modo incondizionato. Il cane non mi giudica secondo l’apparenza o il successo, ma gode semplicemente della mia presenza. Il contatto regolare con un animale aiuta a diminuire solitudine e depressione. Inoltre molte specie hanno una particolare sensibilità per lo stato d’animo di un uomo e di conseguenza capacità empatiche che sono stupende. Questo è uno dei motivi per i quali alcuni animali vengono usati in varie terapie per curare problemi psico-somatici.

Come tanti amici dei cani, anch’io guardando il mio “pastore meticcio” immagino che capisca ciò che dico e possa provare sensazioni simili a sentimenti umani. Naturalmente non possiamo saperlo. Ma, come essere vivente a cui voglio bene, spero anche per lui una vita oltre la vita. Si tratta di un pensiero sbagliato?

Se vogliamo bene a qualcuno, sentiamo il desiderio che questo essere continui ad esistere anche dopo la morte fisica. Qui la teologia deve recuperare molto. La distinzione classica tra uomo ed animale, secondo cui solo l’uomo possiede un’anima immortale e che quindi solo l’uomo può sperare in una vita oltre la vita terrena, oggi viene messa in questione. Sia papa Giovanni Paolo II che papa Francesco hanno espresso la convinzione che anche gli animali dispongano di un “soffio divino” che non perirà con la loro morte. Papa Francesco in una delle sue catechesi ha detto: «Un giorno rivedremo i nostri animali nell’eternità di Cristo». Se Dio, con il suo amore creativo, ha voluto gli animali, allora sicuramente li vorrà includere anche nel suo amore eterno e provvedere per loro una forma di compimento al di là della vita terrestre.

Rispettare gli animali in senso globale, in questa rinnovata etica ecologica, ci dovrebbe portare a comportamenti diversi anche per quanto riguarda gli allevamenti e le sperimentazioni scientifiche?

Si, decisamente! Bisogna integrare nelle nostre riflessioni anche questi animali come pure quelli selvatici. Anche per loro possiedono un valore proprio e riflettono un raggio dell’infinita sapienza e bontà di Dio. Considerando le condizioni generali negli allevamenti e il numero immenso di animali macellati – in Italia circa 600 milioni all’anno, pesca esclusa – oppure tenendo conto del pericolo di estinzione di innumerevoli specie, dobbiamo ripensare e ridefinire seriamente e fondamentalmente la relazione uomo-animale.

di Luciano Moia 
18 gennaio 2022
(Fonte L’Avvenire)