Difensori della natura: mai così tanti omicidi nel mondo

 

Quante sono le uccisioni di difensori della natura nel mondo nel 2020, quali i Paesi più pericolosi a livello globale e quali i moventi: il nuovo report di Global Witness scatta una fotografia della situazione e denuncia la situazione peggiore di sempre

L’attacco ai difensori della natura non è mai stato tanto letale quanto nel 2020. A denunciarlo è l’ong Global Witness, che raccoglie dati sulle uccisioni di difensori della terra e dell’ambiente dal 2012.

Nel report di settembre 2021 in riferimento all’anno passato,  l’ONG ha registrato 227 attacchi letali, con una media di oltre quattro persone uccise a settimana, rendendo il 2020 l’anno più pericoloso mai registrato per le persone che difendono le loro case, la terra e i mezzi di sussistenza, nonché gli ecosistemi che sono vitali per la biodiversità e il clima.

Ancora una volta è l’America Latina a guidare la classifica dell’orrore. Da un lato la Colombia è il paese che registra più uccisioni totali (65), dall’altro il Nicaragua è il paese che registra il maggior numero di uccisioni pro-capite (12) e nei primi dieci posti di questo terribile ranking, 7 Paesi sono latinoamericani.

Difensori della natura in pericolo: nessun Paese peggio della Colombia

Per il secondo anno consecutivo la Colombia si trova in cima alla lista dei Paesi nei quali si consumano gli omicidi verso coloro che difendono la Pacha Mama (Madre Terra). Il Paese sudamericano continua a vivere una spirale di violenza particolarmente mortifera per i difensori dei diritti umani in generale e per i leader comunitari e i popoli indigeni in particolare.

In un contesto di recrudescenza del conflitto con le varie dissidenze delle Farc, e in un clima di repressione generalizzata delle proteste, la caccia ai difensori delle natura scatenata da chi vuol trarre profitto dalle risorse dell’ambiente è costata la vita a 65 persone. Inoltre, l’obbligo al confinamento per la pandemia da coronavirus ha isolato ancora di più i difensori della natura, limitando la loro protezione da parte dell’autorità pubblica e rendendoli facili bersagli all’interno delle proprie case (leggi anche Colombia, situazione fuori controllo: denunciati decine di stupri e 58 morti).

Ammazzi un difensore dell’ambiente? In Messico regna l’impunità

Sebbene il numero totale degli omicidi dei difensori della natura  (30) sia meno della metà di quello registrato in Colombia, la situazione in Messico è tutt’altro che rosea. Rispetto al 2019 si è registrato un aumento del 67% degli omicidi, casi legati una volta su tre alla questione della deforestazione.

Anche qui i popoli indigeni sono il bersaglio principale degli attacchi e a peggiorare ancora di più questo contesto interviene la totale impunità della quale godono i perpetratori di tali delitti. Su questo punto Global Witness registra che il 95% dei casi di omicidio di difensori della natura in Messico cade nel dimenticatoio giudiziario.

Dalle Filippine di Duterte al Brasile di Bolsonaro

Dopo il Messico troviamo le Filippine di Duterte con 29 casi di omicidio, seguite dal Brasile di Jair Bolsonaro con 20 casi registrati. Nel Paese sudamericano ben  tre quarti degli omicidi sono avvenuti nella zona amazzonica, dimostrando ancora una volta la particolare situazione di vulnerabilità vissuta dalle popolazioni indigene sotto la presidenza Bolsonaro.

Il presidente brasiliano ha spinto e spalleggiato le attività delle industrie estrattive nella eco regione del Cerrado (la più grande savana del mondo che estende nel centro del Paese per quasi 2 milioni di Km2) e nella regione amazzonica, non curandosi degli appelli nazionali e internazionali che denunciano la possibilità di un vero e proprio genocidio delle popolazioni indigene brasiliane.

L’altra classifica di Global Witness: Nicaragua e Honduras hanno il peggior tasso di omicidi pro-capite

Gli altri Stati della regione latinoamericana presenti nei primi dieci posti e che seguono il Brasile sono: Honduras con 17 casi, Guatemala con 13 casi, Nicaragua 12 casi e Perù con 6 casi.

Nicaragua e Honduras, sebbene offrano cifre sensibilmente inferiori rispetto a quelle di Colombia e Messico, hanno un altro triste primato. È la stessa Global Witness infatti a denunciare come nei due Paesi centroamericani si registri il maggior numero di omicidi di difensori della natura a livello procapite.

In Nicaragua il rapporto è di 12 su 6,6 milioni di persone, mentre in Honduras è di 17 su 9,7 milioni di persone. Al terzo posto troviamo ancora una volta la Colombia con 65 casi su 50,3 milioni di persone, seguita dal Guatemala con 13 casi su 16,6 milioni di persone.

Difensori della natura: quale futuro per loro in America Latina

Nel report possiamo leggere che un terzo degli attacchi sono vincolati ad attività di sfruttamento delle risorse come il disboscamento, l’industria mineraria e l’agroindustria a grande scala, insieme alla costruzione di centrali idroelettriche. Tra questi spicca in negativo lo sfruttamento delle foreste, che sarebbe stato la causa diretta di almeno 23 omicidi tra Brasile, Nicaragua, Perù e Filippine. Solo in Messico nel 2020 almeno 9 dei 30 casi registrati sono legati alla deforestazione.

L’entrata in vigore dell’Accordo di Escazú ad aprile 2021 – il primo trattato ambientale regionale dell’America Latina e dei Caraibi che, tra le altre cose, obbliga a “prevenire, indagare e punire attacchi, minacce o intimidazioni” contro i difensori della natura – potrebbe rappresentare un punto di svolta positivo, visto che è ormai chiaro che la maggior parte degli Stati della regione non stanno applicando le misure necessarie per la salvaguardare integrità fisica degli attivisti.

Inoltre, l’altro grande problema riguarda l’impunità che non coinvolge solo il sistema giudiziario messicano, ma che rappresenta una cifra comune della situazione di complicità che molti governi latinoamericani hanno con i mandanti degli omicidi.

Un piccolo spiraglio di luce si è visto ad agosto di quest’anno con i risvolti del processo su Berta Cáceres in Honduras, ma la strada per i difensori della natura e per le loro famiglie, è chiaramente ancora tutta in salita (leggi anche Berta Cáceres, l’Honduras dichiara David Castillo «coautore» dell’omicidio).

da Bogotà, Colombia

(Fonte Osservatorio Diritti  – Testata online indipendente)