Si chiama “Animali senza nome” ed è un progetto di Veterinaria della Federico II a Napoli che fa capo al Dipartimento di Medicina veterinaria e produzioni animali. Sarà presentato venerdì 23 luglio alle 10.30 nell’Aula magna (via Delpino, 1). Pensare alla fredda scienza in questo caso è sbagliato: i tanti animali investiti, avvelenati, maltrattati e uccisi, perduti dai proprietari e finiti senza vita perché incapaci di stare per strada, vengono esaminati e sottoposti ad autopsia, di solito, dalla facoltà di Medicina veterinaria.
Non mere esercitazioni su animali già martoriati, ma a volte indizi risolutivi per casi di maltrattamento e uccisione. Ma non è detto che la scienza resti poco coinvolta da queste morti, accidentali o volute. Qui a Napoli è nato un progetto che non solo ha rispetto per i “desaparecidos” a quattro zampe, ma pone le basi addirittura per un nuovo modello culturale. Ciò che tutte le istituzioni dovrebbero fare per statuto.
“Venivano definite ‘carcasse’ – dice Orlando Paciello, ordinario di Anatomia Patologica, raccontando ciò che ha preso forma alla Federico II – ma era un termine usato impropriamente. Abbiamo chiamato gli specialisti dell’Accademia della Crusca interpellandoli sulla parola da impiegare, e ci è stato risposto ‘cadaveri’, esattamente come per noi umani”. Un tempo il Comune di Napoli aveva addirittura un ‘Ufficio carogne’, definizione riservata ai corpi di animali senza vita. Ma evidentemente oggi non manca più la sensibilità per mutare definizione e usarne uno che abbia rispetto di tutti gli esseri viventi che hanno perso la vita.
“Lo scopo – spiega il professor Paciello – è quello di dare un’identità ai tanti, troppi. cadaveri non identificati ritrovati sul territorio nazionale. Un vuoto che viene colmato: mai era stato fatto prima in Medicina veterinaria. Negli ultimi anni è cresciuta la sensibilità verso gli animali e con essa l’impegno delle istituzioni e delle associazioni nel tutelarli. Molti cercano per anni i loro animali scappati o perduti, ma anche rubati, venduti, fatti sparire. Quando vengono ritrovati morti, molto spesso chi li aveva persi non viene a saperlo. Noi conserveremo un memoir di quel cane, quel gatto…un po’ di pelo in una scatolina, e se il proprietario lo riconoscerà potrà ricordarsi di lui”. Un’azione che ridà dignità, e non riduce, come è stato finora, a uno straccetto sul margine della strada l’animale “senza nome”. “Gli daremo un nome e non un numero – prosegue Paciello – perché il nome avvicina alle persone chi non ne ha uno, e speriamo che questo muova anche verso una cultura dell’accudimento più consapevole”. Varrà tanto per il protagonista di questo “Chi l’ha visto” che verrà riconosciuto, quanto per il randagio non rivendicato da nessuno. Attraverso una app sarà possibile comunicare con il Dipartimento e avere notizie dei ritrovamenti.
Paciello, che è anche direttore del master in Scienze forensi e presidente dell’Ordine dei veterinari di Salerno, presenterà il progetto con Michele Lanzetta, Project manager dell’agenzia di comunicazione integrata MTN Company.
di Stella Cervasio
20 Luglio 2021
(Fonte LA REPUBBLICA | Animale a chi)