Il Governo del Pakistan ha deciso di abbattere almeno 25 mila cani randagi nei prossimi due mesi per contenerne il numero. Le uccisioni sono già iniziate nelle amministrazioni del Lodhran, Kehror Pakka e Dunyapur, ma si estenderanno in molte altre città. Lo rende noto l’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa), associazione per la tutela degli animali presente in 61 nazioni dei cinque continenti con oltre 200 leghe-membro. In Pakistan, l’Oipa è presente con due rappresentanti nel Nord e nel Sud Punjab, Hashir Khan e Iqra Ali, e con un volontario nella regione del Sindh, Sarfaraz Abbasi.
L’Oipa International ha scritto al Primo Ministro, Imran Khan, chiedendo che venga fermato questo massacro legalizzato e che il Governo affronti il problema del sovrannumero di randagi sul territorio e della diffusione della rabbia con un approccio etico, sostituendo questa pratica atroce con un programma di cattura, sterilizzazione, vaccinazione e rilascio sul territorio. Attività che in esiguo numero vengono messe in atto da volontari in proprio: una goccia nell’oceano della tragedia dei randagi pachistani. L’Oipa chiede inoltre ai cittadini di associarsi alla richiesta inviando la stessa richiesta al Primo Ministro.
Non è la prima volta che le autorità pakistane ricorrono a questi metodi estremi per contenere in randagi sul territorio: più di 50 mila cani muoiono ogni anno sulle strade del Pakistan per mano del Governo. I randagi vengono uccisi con armi da fuoco o avvelenati tra sofferenze atroci. I loro corpi senza vita vengono poi raccolti da operatori comunali, che li caricano e li ammassano per poi essere smaltiti. «Soltanto a Karachi e Lahore vi è il tasso più alto di uccisioni con oltre 20 mila cani uccisi ogni anno», spiega Valentina Bagnato, responsabile delle Relazioni internazionali di Oipa International.
Quello delle sterilizzazioni e delle vaccinazioni sarebbe un approccio che utile non solo a ridurre il numero di cani sul territorio, ma anche a evitare la diffusione di malattie, attraverso le vaccinazioni. «Si garantirebbe così anche la sicurezza e la protezione delle comunità locali», continua Valentina Bagnato. «Riteniamo inoltre fondamentale che le autorità sensibilizzino la cittadinanza e lavorino per una gestione più appropriata dei rifiuti. Infine, stabilire un contatto stabile con associazioni animaliste, locali e non, che possano mettere a disposizione la propria conoscenza e capacità nella gestione dei randagi».
Redazione
(Fonte IL SECOLO XIX | Animal House)