“Io, una donna, alla guida del Wwf: clima e natura ci impongono di cambiare”

L’INTERVISTA

Alessandra Prampolini, 39 anni, formata in Economia dello sviluppo, appena nominata direttore generale di WWF Italia. Affianca la presidente Donatella Bianchi alla guida dell’associazione ambientalista. Le nuove sfide: affrontare la crisi climatica a livello globale. E proteggere la natura, i panda come le api.

Un panda più rosa, più attento alle nuove generazioni, che sia capace di spingere l’attenzione pubblica e soprattutto quella politica – che avrà il compito di spendere al meglio i fondi del Next Generation EU – verso un impegno concreto per la salvaguardia dell’ambiente e della natura. E’ la visione di Alessandra Prampolini, 39 anni, formata in Economia dello sviluppo, da poco nominata nuovo direttore generale di WWF Italia. Ora, grazie alla nuova nomina e insieme alla presidente Donatella Bianchi, ai vertici dell’associazione  ambientalista ci sono due donne. “Un bel segnale”, dice Prampolini, confessando che questo ruolo è un sogno che si realizza, lo insegue fin da quando da piccola sfogliava l’album delle figurine col simbolo del panda. A lei abbiamo fatto dieci domande sul futuro del WWF.

Due donne ai vertici del WWF e una nuova sfida davanti, quella di connettere diverse generazioni per un futuro più verde.
“Per me è un grande onore. Faccio parte di una generazione che è cresciuta con il WWF, con i quaderni della scuola, gli album delle figurine. Era un po’ il lavoro dei sogni e la mia nomina è lo specchio di un cambiamento che sta avvenendo al nostro interno: con coralità e coraggio si stanno aprendo nuove strade. Ci sarà un cambio che ha a che fare sia come dimensione delle quota rosa, ma anche anagrafica. Io sono una supporter di un certo tipo di competenza che noi abbiamo come WWF e che appartiene soprattutto a persone più grandi di me, che hanno maturato decenni di esperienza su temi fondamentali. Competenza che intendo proteggere, ma al tempo stesso rappresentando un’altra età e un altro genere spero di poter apportare migliorie nell’organizzazione del lavoro. Il nostro mondo dell’associazionismo è cambiato molto negli ultimi 30 anni: c’è una nuova esigenza nella gestione dei team, nel rapporto con i ventenni che arrivano e bussano alla nostra porta per collaborare e al tempo stesso c’è una grande urgenza di ricollegarsi a una dimensione internazionale. Oggi più che mai il tema dell’ambiente è una questione globale”.

Che ruolo avranno i giovani e le loro battaglie per l’ambiente nel WWF?

“I giovani sono uno nostro grande motivo di speranza. Il primo e unico movimento globale della storia di giovanissimi e teenager è nato intorno a un tema ambientale, sul clima. E questo è un motivo di grande speranza,  ma anche di sconcerto: perché nonostante ciò per esempio in Italia questo fatto non è stato raccolto nel dovuto modo a livello politico. C’è la spinta dei giovanissimi e c’è quella del Papa sui temi ambientali. Eppure non si è trovato uno spazio reale per creare un pensiero strategico, un programma che parli di ambiente, sul fronte istituzionale. La natura del WWF rimane sempre la stessa: lavoriamo per la natura a cui è connesso il benessere umano e i giovani in tal senso stanno andando nella giusta direzione. Ma ora serve una nuova spinta, programmi, investimenti”.

La pandemia ha rallentato lo sviluppo di programmi e azioni in difesa dell’ambiente?
“A mio avviso c’è una grossa fascia di popolazione a cui la pandemia è servita a ricordare quanto siamo umani. Non solo consumatori, ma umani, animali, inseriti in un sistema natura che ha le sue leggi. Questo, nel contesto del dramma della pandemia, è un elemento che ha spinto in molti a riflessioni in una giusta direzione. Con i lock-down e le persone bloccate, molti cittadini hanno avuto modo di ragionare sull’importanza dell’ambiente in cui si vive, di spazi verdi, aria pulita, luoghi naturali. Dunque, al netto della tragedia, non si è indebolita l’attenzione per l’ambiente. Anzi, credo che siano rafforzati i nostri due grandi messaggi: combattere la crisi climatica e invertire la curva della perdita di biodiversità. D’altra parte, è tutto collegato: questa perdita è legata alla zoonosi e la diffusione del virus”.

Globalizzazione, urbanizzazione, consumi. Stiamo togliendo troppo spazio alla natura?
“Non si può crescere all’infinito in uno spazio finito. E’ un dato oggettivo. Molti studi ci raccontano questo. Le azioni dell’uomo nei confronti del Pianeta sono ben visibili e preoccupanti. Ma un mondo globale dove tutto è interconnesso non va per forza in conflitto con l’idea di riportare le nostre attività un po’ più a misura del Pianeta. Dobbiamo ricalcolare per avere un livello minimo di benessere garantito per tutti i cittadini del mondo”.

di Giacomo Talignani

23 Gennaio 2021

(Fonte La Repubblica | Green&Blue)