Un ricco francese ha lasciato la sua eredità ai gatti dell’Ermitage

L’eredità consiste in una somma di denaro, dall’entità non specificata dalle fonti, da utilizzare per il mantenimento della ‘pattuglia’ di felini, circa 70, che protegge i capolavori dai roditori e dà man forte ai custodi umani

AGI – Insolita donazione al museo dell’Ermitage di San Pietroburgo: gli iconici gatti che proteggono le collezioni dagli assalti dei topi hanno ricevuto una cospicua eredità da un anonimo francese, da utilizzare per la loro cura. A darne notizia sono i media russi che citano il direttore di uno dei musei tra i più prestigiosi al mondo.

“È stato un gesto molto generoso” ha detto Mijail Piotrovski, aggiungendo che i legali della pinacoteca lavorano con giuristi per formalizzare i dettagli dell’eredità. “Ne siamo venuti a conoscenza quando gli amministratori dell’eredità ci hanno contattato” ha precisato il consigliere del direttore, Maria Jaltunen.

Il benestante autore del testamento ha suddiviso la sua eredità in tre quote: una destinata alla famiglia, la seconda ad un’organizzazione ambientalista del suo Paese e la terza appunto ai gatti che custodiscono le opere dell’Ermitage, nell’ex residenza degli zar. L’eredità consiste in una somma di denaro, dall’entità non specificata dalle fonti, da utilizzare per il mantenimento della ‘pattuglia’ di felini, circa 70, che protegge i capolavori dai roditori e dà man forte ai custodi umani.

L’eredità del francese ignoto ha fatto capire alla direzione del museo russo tutto l’interesse che i suoi gatti possono suscitare in chi è amante dei felini: visto che per ora non esiste un’opzione particolare sul sito, d’ora in poi chi vorrà fare donazioni a loro destinate potrà eseguirle specificandone la destinazione.

La storia dei gatti del museo di San Pietroburgo

Nell’ex palazzo degli Zar, i gatti sono di casa da generazioni. Il primo fu introdotto ai tempi di Pietro I il Grande, fondatore di San Pietroburgo: si chiamava Basil e proveniva dall’Olanda. Per liberarsi dai topi, la figlia, Elizaveta Petrovna, ne fece arrivare a decine, con una preferenza per quelli originari da Kazan, dal pelo folto e lucido, che erano anche quelli più forti ed efficienti.

La loro presenza divenne così indispensabile che Caterina II assegnò ai gatti lo status delle guardie reali, operando una distinzione tra loro: i più vivaci potevano correre per i cortili del Palazzo, i più tranquilli erano ammessi anche nelle sontuose stanze reali. Nel corso della storia, i gatti dell’Ermitage, hanno lasciato il palazzo solo due volte.

La prima è stata durante la Seconda guerra mondiale: dopo che l’assedio di Leningrado finì, la città fu inondata dai topi. Da tutto il Paese furono inviati decine di felini per risolvere il problema e alcuni di loro si trasferirono all’Ermitage. I fortunati erano soprattutto bianchi e neri, scelti di questi colori per adattarsi meglio ai raffinati interni del palazzo.

La seconda volta fu negli anni ’60, quando i gatti furono sfrattati poiché l’amministrazione decise di passare ai prodotti chimici per eliminare i roditori. Fu un fallimento totale e da quel momento i gatti tornarono all’Ermitage ancora più riveriti di prima, con tanto di carta di identità e mansione a cui sono adibiti.

Fino agli anni ’90, era consentito loro di girare indisturbati nelle sale del museo, quindi era facile vederli ai piedi di qualche statua oppure in ammirazione davanti a qualche importante dipinto. Oggi i gatti possono stare solo nelle cantine. Ogni anno il museo dell’Ermitage li celebra, in occasione della Giornata del Gatto, che di solito ricorre in primavera, tra fine marzo ed inizio aprile.

In quel giorno, i gatti ricevono le visite del pubblico, che può anche ammirare le cantine del museo, solitamente chiuse, dove vivono i felini, che passano il tempo a mangiare giocare e correre per i corridoi a caccia di topi.

di 

3 dicembre 2020

(Fonte AGI | Estero)