La compagnia di cani gatti può aiutare contro la solitudine, lo stress e nei bambini aiuta a gestire le emozioni
Che un animale possa aiutare a star bene si sa da anni. In chiave scientifica, tuttavia, una svolta si ha nei primi anni 50 del secolo scorso, grazie ai lavori dello psichiatra Boris Levinson. Lavorando con un bambino autistico, lo studioso ha capito che il suo cane gli offriva la possibilità di proiettare le proprie sensazioni interiori creando meccanismi di scambio affettivo e di gioco che rendevano più piacevoli le sedute e favorivano i miglioramenti del piccolo paziente.
Da allora, in ogni caso, questo approccio ha fatto molta strada. Per gli anziani la presenza costante di un essere vivente al fianco può aiutare a superare momenti di solitudine e difficoltà, oltre che dare uno scopo preciso all’esistenza stessa della persona. Infatti, specie per chi vive da solo, il semplice pensare all’alimentazione del gatto o del cane può essere una molla per superare eventuali difficoltà psicologiche, legate soprattutto al senso di solitudine e di apparente scarsa utilità che, in caso di difficoltà, si può manifestare. L’animale infatti fornisce una dose quotidiana di affetto e sicurezza.
Nel caso dei bambini, invece, la conoscenza dell’amico a quattro zampe può portare ad una migliore comprensione delle proprie emozioni e alla crescita dell’autocontrollo. E non solo perché il gatto o il cane diventano un “oggetto” d’affetto, su cui si possono scaricare eventuali tensioni accumulate in famiglia ricreando una specie di “ambiente protetto”, ma anche perché imparando a comprendere le intime sensazioni dell’animale, ad esempio il ringhio del cane quando è stanco di giocare, il bambino impara a capire di più sé stesso e quanto avviene intorno.
Insomma: aiutare anche con un animale la sfida ad una malattia può essere di grande aiuto con un supporto che rafforza e coadiuva le terapie normalmente effettuate per il tipo di patologia considerato. Le indicazioni sono molteplici. Volete qualche esempio? La compagnia e l’accudimento di un animale può rivelarsi di grande utilità per varie patologie, sia per migliorare capacità mentali e memoria, sia per controllare l’iperattività, sia per migliorare le capacità di relazione.
Un’azione anti-stress
Limitare il supporto della presenza di un animale al solo aspetto psicologico, tuttavia, sarebbe riduttivo. Esistono infatti studi che mostrano come anche sul fronte di alcune condizioni organiche, soprattutto se legate allo stress, l’aiuto dell’amico a quattro zampe può essere molto significativo.
Alcune ricerche rivelano che per un bambino che soffre di autismo, un cane che arriva in casa contribuisce a ridurre i valori di cortisolo, l’ormone dello stress, e quindi può aiutare a controllare meglio l’aggressività. La stessa azione anti-stress si è però osservata anche negli adulti, almeno a quanto riporta una ricerca della Virginia Commonwealth University condotta qualche tempo fa in un’azienda di oltre 500 dipendenti.
Il cane sul luogo di lavoro renderebbe più tranquilli e addirittura favorirebbe un miglioramento della prestazione produttiva. Insomma: la pet-therapy viene infatti considerata oggi una vera e propria “arma” terapeutica, ovviamente nell’ambito di un percorso di cure e a patto di essere praticata da persone specificamente preparate. È una terapia d’affetto, che trova le sue maggiori applicazioni negli anziani e nei bambini e può essere “declinata” in diversi modi.
Fondamentale, se si parla di vero e proprio approccio terapeutico, è comunque creare un rapporto stretto con l’animale, che deve divenire un vero e proprio “partner” da rispettare. Quando ciò avviene può diventare una specie di “induttore invisibile” di emozioni positive che aiutano a rapportarsi meglio con gli altri e superare i propri problemi.