La selezione per entrare a fare parte delle squadre di pronto intervento è durissima: l’animale deve dimostrare di avere una mente brillante. Vengono valutate anche la tempra e il rapporto con gli estranei
La storia – di Alessandro Sala
La voce di Kreole arriva forte e chiara, nonostante il cumulo di cemento in cui si è infilata. Tre abbai in successioni e ripetuti a intervalli regolari. Nel campo di addestramento della caserma Ceccarelli di Città di Castello è il segnale della missione compiuta: Massimo, il suo inseparabile compagno di squadra (e di vita), sarà contento e la sua soddisfazione sarà per lei la più grande delle ricompense. Ancora una volta Kreole ha vinto. Quando quel triplo abbaio si alza dalle macerie di una catastrofe reale, un crollo dovuto ad un terremoto o ad una esplosione, invece vincono tutti. Perché vuol dire che questa splendida femmina di Bovaro del Bernese ha portato a termine il suo vero compito: individuare una persona ancora in vita che potrà essere salvata. Massimo Mancinelli è un caposquadra dei vigili del fuoco di stanza in Umbria ed è tra i pionieri delle unità cinofile del Corpo. Oggi è anche istruttore alla scuola nazionale di Torino. Negli anni Novanta fu tra coloro che si resero disponibili a rifondare il gruppo cinofilo dei vigili del fuoco, nato nel 1941 per le operazioni di soccorso nelle città devastate dai bombardamenti ma andato poi dissolvendosi mentre le unità cinofile venivano introdotte nelle forze di polizia, dei carabinieri, della Guardia di Finanza. Ma nessuna di queste era specializzata nella gestione delle emergenze. “Ed è stato un peccato”, commenta Mancinelli, che abbiamo incontrato sul set di Master of Photography, il talent di Sky Arte dedicato alla fotografia che ha previsto una prova in esterna focalizzata sugli animali che aiutano l’uomo nella vita di tutti i giorni”, perché nel terremoto in Irpinia una presenza di cani addestrati avrebbe fatto la differenza”. Il caso di Vermicino e altre catastrofi negli anni Novanta hanno dato la spinta a riorganizzare il servizio e oggi il team Usar italiano è uno dei più efficienti al mondo.
“Il nostro corpo è uno dei pochi a livello internazionale ad essere organizzato con distaccamenti in tutte le Regioni”, spiega ancora Mancinelli. “E durante le emergenze siamo in grado di mettere in moto in pochi minuti fino a 2 mila uomini”. Come nel caso del terremoto a Colfiorito nel 1997, o dieci anni più tardi per quello dell’Aquila quando arrivò una telefonata con l’indicazione perentoria: “Ci sono un sacco di morti, prendete qualunque mezzo e partite.” O come è avvenuto lo scorso 14 agosto quando anche a questo distaccamento dell’Umbria è arrivata la richiesta di intervento per il crollo del ponte Morandi di Genova: “Abbiamo capito che era accaduto qualcosa di molto grave, se erano arrivata a chiamare anche noi in Centro Italia”. Sono state 43 l unità cinofile impiegate nel capoluogo ligure. Possono sembrare tante, ma le squadre lavorano senza interruzione e devono alternarsi frequentemente.
Lavorano sull’effluvio, la ricerca del “cono di odore” che ciascuno di noi emette. E che è più forte nelle situazioni di stress e paura. I cani sanno riconoscere quando la persona sotto le macerie è viva ed è quella la priorità: i morti possono essere recuperati in un secondo tempo, per chi sopravvive a un crollo invece il tempo non è mai abbastanza. La selezione è durissima , i cani scelti devono essere anche menti brillanti: viene valutata la loro tempra, si giudica il rapporto con gli estranei, la capacità di problem solving, perché spesso fra le macerie il cani si infila da solo e da solo se la deve cavare. Ma da solo non sarebbe nulla: è il rapporto con il proprio conduttore quello che conta. Tecnicamente si dice binomio, ma è un termine che richiama la matematica e qui, è invece tutta questione di intesa, di empatica, di emozioni. Cane e conduttore sono un tutt’uno e questo è possibile perché gli animali vivono 24 ore al giorno con il loro compagno umano.
(Fonte 7 Corriere della Sera)