La cagnetta Laika tornerà in Ucraina, ma vivrà
Il cucciolo non sarà soppresso ma sarà «rimpatriato» per effettuare controlli e vaccinazioni – Il proprietario è sollevato: il ricorso contro l’ordine del veterinario cantonale ha avuto effetto
di John Robbiani 15 giugno 2019 , 06:00 Lugano
LUGANO – La storia di Laika avrà molto probabilmente un lieto fine. Il cucciolo di pastore dell’Est non sarà soppresso, come inizialmente deciso dall’Ufficio del veterinario cantonale. Dovrà però tornare nel suo paese d’origine (l’Ucraina) per effettuare i controlli sanitari e le vaccinazioni. Poi, quando tutto sarà finalmente a posto e a norma di legge, potrà tornare in Ticino e farsi coccolare da L.B., il suo padrone.
Una storia, ne avevamo parlato per la prima volta nell’edizione del 31 maggio, che aveva emozionato parecchie persone e anche generato parecchia solidarietà. Dopo il primo articolo infatti diverse persone (tra di loro alcuni avvocati come Christopher Jackson) e associazioni animaliste si erano impegnate per aiutare L.B. e – soprattutto – per tentare di salvare la vita del piccolo cane (che oggi ha 5 mesi).
Ma ricordiamo i fatti. L.B. ci aveva contattato, disperato, perché aveva ricevuto dal veterinario cantonale una raccomandata in cui veniva informato che il suo cane sarebbe stato soppresso il 3 giugno. Una decisione, quella di effettuare l’eutanasia, che sembrava inappellabile. «Contro la presente decisione – si poteva leggere – è data facoltà di interporre ricorso al Consiglio di Stato, ma all’ordine di eutanasia è tolto l’effetto sospensivo». L.B. però, tramite un legale, ha presentato un’istanza super cautelare, accettata dal pretore, che ha permesso al quadrupede di guadagnare un po’ di tempo e – agli esseri umani – di trovare una soluzione con un po’ più di calma.
Ma perché era stato deciso di sopprimere la cagnetta? Laika era arrivata in Svizzera il 23 marzo dalla Finlandia (aveva 16 settimane di vita) dopo essere stata iscritta all’anagrafe canina ucraina. «Un’età – sottolineava il veterinario – insufficiente a rispettare i requisiti sanitari per l’importazione di animali da compagnia da paesi terzi con situazione sfavorevole della rabbia». L’Ufficio cantonale aveva poi stabilito che il passaporto canino finlandese ricevuto da L.B. da chi gli aveva venduto il cucciolo era («accertatamente») falso. E in più i test effettuati – in Ticino – sulla cagnetta avevano evidenziato «un’immunizzazione non protettiva» nei confronti della rabbia. La cagnetta dunque potrebbe essere stata vaccinata in modo scorretto contro questa malattia (che è mortale e che in Svizzera, anche grazie a questo tipo di controlli e alla rigidità degli Uffici cantonali, è stata completamente debellata). Il test in ogni caso non diceva che Laika aveva la rabbia, ma che – come detto – non aveva abbastanza anticorpi per difendersi. Perché eliminarlo allora? Non sarebbe bastato mettere in quarantena l’animale e capire se la malattia si sarebbe sviluppata? No. «Se non è possibile – così spiegava il veterinario – accertare lo stato sanitario di un animale, a prevalere è la tutela della salute pubblica». Evitare cioè – sopprimendolo – che l’animale si riveli un pericolo per gli altri. E una quarantena, sempre secondo il veterinario, sarebbe stata «un aggravio eccessivo per l’animale». Negli scorsi giorni la svolta. L’allevamento in Ucraina in cui il cane è nato ha accettato (inizialmente non lo aveva fatto) di riprendersi il cane. Tra l’altro quella del «rimpatrio» era stata una soluzione che aveva inizialmente proposto lo stesso veterinario cantonale per evitare, appunto, di dover sopprimere il cane. In Ucraina ora hanno cambiato idea. Riprenderanno Laika, la vaccineranno di nuovo e poi – se dimostrerà di essere sana – potrà tornare in Svizzera.
(Fonte Il Corriere del Ticino)