Per il codice civile cani e gatti non hanno capacità giuridica, ma possono essere destinatari di lasciti rispettando la legge
Capita sempre più spesso di leggere di cani e gatti milionari, beneficiati cioè dai lasciti generosi dei loro affezionati proprietari che, venendo a mancare prima dei loro amati quadrupedi, si preoccupano del loro avvenire anche, diciamolo, in modo forse un po’ eccessivo. Si legge infatti di somme stratosferiche: dai 30.000 euro per Gerry da Pordenone, al milione e mezzo di Pilù, altro gattino milionario veronese balzato alle cronache più recenti.
Una moda, se così vogliamo chiamarla, che pone però qualche interrogativo, non tanto di natura etica – posto che ognuno per fortuna è ancora libero non solo di vivere come vuole ma anche di morire lasciando i suoi soldi a chi gli pare, o quasi – ma soprattutto di natura giuridica. Volendo capire meglio come districarsi fra le varie situazioni che si potrebbero creare nel momento in cui si volesse ricordare l’affezionato animale di casa nel proprio testamento, occorre quindi fare un po’ di chiarezza.
Anzitutto va detto che le nostre leggi considerano gli animali, anche quelli cosiddetti di affezione, dei beni mobili e, come tali, oggetto di diritti (come ad esempio la proprietà) e non, invece, soggetti di diritti. I nostri cagnolini sono quindi privi di quella capacità giuridica che l’ articolo 1 del nostro Codice Civile riserva alle persone fisiche dal momento della loro nascita e per certi versi anche prima, al concepimento.
La conseguenza di questa carenza è che gli animali non possono essere chiamati all’ eredità di nessuno, nemmeno tramite testamento. Possono però essere destinatari di lasciti sotto forma di legati, attraverso i quali il defunto dispone a carico di un suo erede un onere a favore dell’ amato animale di compagnia, rimasto senza il suo padrone.
Ciò che più fa notizia, e che appare anche più complicato da regolamentare giuridicamente parlando, è però il caso di chi passi a migliori vita senza eredi, e decida quindi di beneficiare in via esclusiva l’ affettuoso e peloso compagno degli ultimi anni, piuttosto che lasciare che il suo patrimonio finisca tutto nelle ingorde e bucate mani dello Stato. E sì, perché la nostra legge è chiara al riguardo, se qualcuno muore senza testamento e non lascia né un coniuge né parenti fino al sesto grado, la sua eredità finisce allo Stato.
Ecco allora che si può essere tentati di trascurare nel proprio testamento amanti, badanti, amici, vicini di casa, preti e ospedali, per lasciare tutto, invece, a un ignaro quadrupede. Anche in questo caso, però, l’ animale di turno non potrà esser considerato erede, bensì beneficiario di un legato che qualcuno dovrà occuparsi di far rispettare. Ma chi, in assenza di un erede?
Il quesito è intrigante, ma come sempre una soluzione nei nostri codici la si può trovare. Anzitutto la soluzione più facile è che il testatore nomini un esecutore testamentario il quale sarà chiamato a realizzare le volontà espresse dal povero defunto nel migliore dei modi, il tutto a beneficio del fortunato destinatario.
Va da sé che, venendo a mancare di lì a qualche anno l’ animale, in assenza di eredi legittimi e in assenza di eredi testamentari, il patrimonio residuo andrà, come detto, allo Stato. Se poi il nostro testardo e poco socievole testatore neanche si fosse preso la briga di nominare un esecutore testamentario, allora l’ affare davvero si complicherebbe e occorrerebbe ricorrere all’ ipotesi del legato posto in capo all’ unico erede legittimo, e cioè lo Stato.
Sarebbe dunque onere dello Stato farsi carico del rispetto del legato attraverso un curatore nominato dal Tribunale su ricorso di chiunque ne abbia interesse. Un buon samaritano, quest’ultimo, che si attiva dunque prendendosi a cuore i destini dell’ animale in questione.
Esattamente come qualsiasi interessato può farsi carico di agire perché vengano rispettati gli oneri connessi alle cosiddette “Disposizioni a favore dell’ anima”, altra ipotesi testamentaria prevista dal nostro Codice Civile seppur diversa da quella di cui ci stiamo occupando. Ma forse neanche tanto. Se infatti lo scopo del testatore è in quel caso quello di finanziare opere a suffragio della propria anima, viene da chiedersi cosa ci sia di più gratificante per la nostra anima, con i tempi che corrono, dell’ aiutare un povero animale indifeso.
Massimo Rossi (Avvocato)
(Fonte Libero Quotidiano)